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Tutti gli articoli qui presenti sono stati pubblicati in oltre un ventennio e fino al 1 Giugno 2020

Lo sapevate che… Il Diavolo della Tasmania è a rischio di estinzione?

Il diavolo della Tasmania è un mammifero marsupiale appartenente alla famiglia dei Dasiuridi. Attualmente questo animale è diffuso soltanto nell’isola di Tasmania. Perseguitato per lungo tempo dai coloni europei a partire dalla seconda metà del XX secolo la specie è stata dichiarata protetta dal governo della Tasmania.

Si dice estinzione la scomparsa di una determinata specie di organismi viventi.

 

Le cause principali di una estinzione possono essere diverse: un mutamento improvviso dell'ambiente in cui vive la specie, tanto che gli esemplari non riescono ad adattarsi; la comparsa di una specie concorrente (per il cibo) o di una specie predatrice. I campanelli d'allarme che segnalano il rischio di estinzione di una specie sono due: la diminuzione dello spazio vitale, cioè dei territori e habitat che questa specie occupa, e la diminuzione del numero di esemplari della specie stessa.

 

Le specie considerate più "fragili" sono quelle più specializzate e che occupano particolari e ristrette nicchie ecologiche, per esempio perché si cibano esclusivamente di un particolare cibo, come il panda, o perché vivono solo su certe particolari isole, come le tartarughe giganti delle isole Galapagos. All'altro estremo, specie onnivore estremamente diffuse e adattabili, come i topi, le mosche, gli scarafaggi e l'uomo, non corrono rischi di estinguersi a meno di eventi straordinari su scala planetaria.

 

Proprio l’uomo oggi si può considerare una delle più grandi minacce per la maggior parte degli animali considerati a rischio di estinzione.

 

Tuttavia, negli ultimi anni grazie anche alle attività di molte associazioni animaliste attive a livello mondiale nella tutela del pianeta e degli animali, la presa di coscienza dell'uomo nei confronti dell'ambiente che lo circonda ha fatto sì che si cominciasse a cercare di porre rimedio agli errori del passato: da ciò sono nati progetti per ricreare animali come l'uro con incroci e selezioni genetiche, come avvenne nel secolo scorso con il quagga e con il tarpan. In più nel 2010 è stata pubblicata la resurrection list (in inglese la lista della resurrezione) con una top 10 in cui dieci animali estinti sono quelli con le maggiori probabilità di essere clonati con successo.

 

Fonti WWF sostengono che attualmente nessuno conosce il numero esatto di specie che si estinguono ogni anno, ma si sa che  oggi minacciato il 23% dei mammiferi e i 12% degli uccelli. Ogni zona del mondo subisce i danni derivati dalle attività umane.

 

Proprio per sensibilizzare tutti i nostri lettori (oltre 70.000 ogni mese) abbiamo deciso di pubblicare sul Portale una razza di un nostro amico animale a rischio di estinzione con cadenza settimanale e gli indirizzi delle associazioni che più sono attive per la salvaguardia del pianeta e degli animali come il wwf.it.

 

Oggi parliamo del Diavolo della Tasmania. Il diavolo della Tasmania, o diavolo orsino è un mammifero marsupiale appartenente alla famiglia dei Dasiuridi. Attualmente questo animale è diffuso soltanto nell'isola di Tasmania. Perseguitato per lungo tempo dai coloni europei, in quanto ritenuto un grande razziatore di pollai e implacabile cacciatore di capi di bestiame, a partire dalla seconda metà del XX secolo la specie è stata dichiarata protetta dal governo della Tasmania.

 

Sebbene si tratti di un animale molto conosciuto e generalmente ritenuto comune nella sua patria, il diavolo orsino verso la fine degli anni novanta è stato decimato da una rara forma di cancro trasmissibile, il tumore facciale del diavolo, che ha notevolmente ridotto il numero di esemplari e posto a rischio la stessa sopravvivenza della specie, tanto che nel maggio 2008 il diavolo della Tasmania è stato classificato ufficialmente come specie a rischio. Il governo regionale tasmaniano ha attivato dei programmi (il principale è il "Save the Tasmanian Devil Program") per contrastare la diffusione del fenomeno.
 

Il diavolo di Tasmania può raggiungere gli 80 centimetri di lunghezza (di cui 30 spettano alla coda) e un peso oscillante tra i 6 e i 12 chilogrammi, per un'altezza alla spalla che raggiunge i 30 cm. A parità d'età, le femmine sono più piccole dei maschi anche del 20% (65–70 cm di lunghezza, 5–8 kg di peso). Le popolazioni di questo animale diffuse nella parte occidentale della Tasmania presentano inoltre dimensioni medie minori rispetto ai conspecifici diffusi altrove nell'isola.
 

Il pelo è di colore nero corvino, con una caratteristica macchia bianca a forma di mezzaluna o di sorriso che attraversa il petto, andando da una spalla all'altra, e un'altra banda orizzontale biancastra sul quarto posteriore: non è tuttavia infrequente osservare animali del tutto sprovvisti di tale macchia, ed è stato calcolato che il 16% dei diavoli di Tasmania viventi sia interamente di colore nero. Si pensa che questa caratteristica sia stata evoluta dai diavoli di Tasmania per attirare l'attenzione dei conspecifici, soprattutto di quelli con intenzioni aggressive, in quanto la maggior parte delle cicatrici dovute a combattimenti si concentrano proprio nell'area bianca sul petto. Il muso, le orecchie, le zampe e il cerchio perioculare sono glabri e di colore carnicino-grigiastro.
 

Il diavolo della Tasmania si presenta come un animale tozzo e robusto, con tronco e testa molto sviluppati: fatto insolito per un marsupiale, in questo animale le zampe anteriori sono più lunghe di quelle posteriori (situazione questa riscontrabile anche nella iena maculata). Le zampe posteriori presentano quattro dita, mentre le zampe anteriori sono munite di cinque dita (quattro che poggiano sul terreno e uno laterale, che consente all'animale di trattenere e maneggiare il cibo): ciascun dito è munito di robusti artigli. La coda, lunga circa la metà del corpo, è conica e ricoperta di pelo rado e orientato verso il basso a mo' di spazzola: essa non è prensile e serve perlopiù per bilanciare il corpo quando l'animale si erge su due zampe o si muove velocemente, ma il diavolo di Tasmania la utilizza anche come deposito di grasso corporeo nei periodi di abbondanza di cibo.

 

La testa è molto grande rispetto al corpo, al quale è assicurata da un collo corto e taurino. Essa si presenta squadrata e con un corto muso glabro a tronco di cono: anche le orecchie, piuttosto piccole e di forma triangolare, sono glabre. Al di sopra degli occhi e sul muso sono presenti lunghe vibrisse che l'animale utilizza per aiutarsi nella ricerca del cibo nell'oscurità e per evitare che durante la nutrizione si scatenino conflitti dovuti all'accessiva vicinanza a conspecifici. L'olfatto è molto sviluppato, tuttavia il senso più sviluppato nel diavolo della Tasmania sembra essere l'udito: fatto unico fra i marsupiali, in questa specie l'osso ectotimpanico è ben sviluppato.


Si tratta di animali dalle abitudini crepuscolari e notturne, che durante il giorno riposano in tane o nascosti nella vegetazione densa. Il modo di procedere di questo animale consiste in un andamento lento e dinoccolato, durante il quale l'intera pianta del piede viene poggiata sul terreno, similmente a quanto avviene negli orsi: i diavoli della Tasmania sono inoltre buoni nuotatori, potendo attraversare a nuoto bracci d'acqua di oltre 50 m. Sebbene i giovani esemplari siano buoni arrampicatori (adattamento probabilmente dovuto ai non infrequenti casi di cannibalismO), con la transizione verso l'età adulta questa abilità viene quasi del tutto persa, soprattutto a causa della conformazione del corpo: un diavolo della Tasmania è tuttavia in grado di scalare senza grossi problemi piante alte fino a 2,5 m e dal diametro superiore ai 40 cm.

 

Si conosce piuttosto poco riguardo al comportamento sociale del diavolo della Tasmania: generalmente ritenuto un animale strettamente solitario e aggressivo nei confronti dei conspecifici, uno studio recente ha dimostrato che i vari animali presenti in una zona stabiliscono una rete di contatti fra loro, in particolare le femmine presenterebbero una certa interazione con altri esemplari dello stesso sesso e (sebbene con sensibili variazioni stagionali dovute al periodo riproduttivo) anche coi maschi, mentre questi ultimi raramente interagirebbero fra loro.

 

I diavoli della Tasmania sono animali essenzialmente carnivori: sebbene possano aggredire e sopraffare animali di dimensioni anche considerevolmente maggiori, molto spesso si accontentano di mangiare carogne, animali giovani o malati, piccoli mammiferi, pesci e anche frutta e bacche, mostrando una grande variabilità nella dieta in relazione al cibo reperibile nella zona abitata. Ad esempio, nelle zone costiere il diavolo della Tasmania si nutre degli animali rimasti intrappolati nelle pozze di marea e di ciò che il mare lascia sulla riva, come carcasse galleggianti e pesci morti, nelle aree erbose segue a distanza le greggi in attesa di attaccare individui giovani o malati, mentre nelle aree urbane non esita a cercare il cibo fra i rifiuti o a intrufolarsi nelle case per nutrirsi di animali domestici, del loro cibo e anche di scarpe in cuoio: generalmente, le prede preferite rimangono i vombati e le loro carcasse, in quanto relativamente semplici da cacciare e dalle carni ricche di grasso.

 

La ricerca di cibo è generalmente un'attività solitaria: tuttavia nei pressi di una carcassa o di una preda appena uccisa si radunano spesso vari esemplari, che durante il pasto comunicano fra loro sfoggiando tutta una serie di richiami simili a urla che possono essere uditi a chilometri di distanza. La forza delle vocalizzazioni sembrerebbe essere direttamente proporzionale alle dimensioni della preda, il che farebbe supporre che essi servano come richiamo per altri diavoli della Tasmania situati nei dintorni.

 

Fra questi animali vige una gerarchia nel consumo del cibo: generalmente i giovani (attivi al tramonto) raggiungono la preda e si nutrono prima degli adulti (attivi a notte inoltrata). Gli esemplari dominanti sono i primi a mangiare, scacciando in malo modo eventuali pretendenti al pasto: questi generalmente si allontanano tenendo ben eretta la coda, con l'esemplare dominante che li insegue per un breve tratto, mordendone quando possibile il quarto posteriore. Il fatto che tali scaramucce divengano meno frequenti con l'aumento del cibo disponibile fa capire che esse non abbiano motivazioni gerarchiche vere e proprie, come osservabile invece in molti predatori sociali (come lupi e leoni). Durante il pasto sono state identificate venti posture a scopo comunicativo (fra cui il caratteristico sbadiglio a denti scoperti) e undici vocalizzazioni: la combinazione di queste due cose generalmente serve a stabilire il rango di ciascun animale senza arrivare a epiloghi violenti, tuttavia nella comunicazione molto probabilmente giocano un ruolo importante anche i segnali chimici che l'animale dà attraverso un'apposita ghiandola posta nel sottocoda. I combattimenti avvengono generalmente fra maschi adulti di pari stazza, che si mordono a vicenda o si ergono sulle zampe posteriori, spingendosi come lottatori di sumo con le zampe anteriori e utilizzando la coda come terza gamba per puntellarsi.

 

Il diavolo della Tasmania può essere osservato in tutta la Tasmania e su Robbins Island (che comunque durante la bassa marea è collegata all'isola da un ponte di terra): fino ai primi anni del XX secolo si aveva notizia della presenza su questi animali anche su Bruny Island, dove tuttavia non sono avvenuti più avvistamenti dal 1900, mentre una popolazione introdotta verso la metà degli anni novanta su Badger Island si è estinta nel 2005.

 

L'habitat tipo di questo animale si pensa sia rappresentato dalle aree temperate della Tasmania nord-occidentale, con foreste rade e clima piuttosto secco: tuttavia, i diavoli della Tasmania possono essere osservati nella maggior parte degli habitat presenti sull'isola, giardini e periferie urbane compresi. La densità della popolazione di questi animali pare essere particolarmente alta nelle foreste costiere e nelle aree a sclerofillo, mentre la specie è poco presente nelle pianure a button grass della Tasmania sud-occidentale e manca del tutto nelle aree montane. I diavoli della Tasmania sono inoltre molto numerosi in prossimità delle strade, dove si nutrono degli animali investiti dalle auto di passaggio.

 

Conservazione

Sebbene durante il Pleistocene il diavolo della Tasmania fosse diffuso in gran parte del continente australiano, nel corso dell'Olocene questa specie subì un drastico declino numerico, al punto che attorno ai tremila anni fa ne sopravvivevano in Australia solo tre popolazioni relitte: una popolazione settentrionale (ipotizzata in base al ritrovamento di un fossile di questo animale nei pressi di Darwin e a pitture rupestri raffiguranti il diavolo orsino), una sud-occidentale (piuttosto dubbia, in quanto la sua esistenza si basa su un singolo dente ritrovato nel 1972 da Mike Archer e Alex Baynes e risalente a un periodo compreso fra i 160 e i 430 anni fa, giudicato poco attendibile come fonte in quanto potrebbe essere capitato per caso sul luogo e anche perché la datazione così recente cozza con la cronistoria della specie, scomparsa quasi simultaneamente dall'Australia continentale attorno ai 3000 anni fa) e una sud-orientale (ritrovamento di resti sparsi a est del fiume Murray, negli attuali stati di Victoria e Nuovo Galles del Sud). Quest'ultima popolazione si trovò separata da quella residente in Tasmania (con la quale era un tutt'uno) a causa dell'aumento del livello del mare durante l'Olocene, che decretò la comparsa dello stretto di Bass.

 

Il declino del diavolo orsino in Australia continentale è stato tradizionalmente associato con l'arrivo e la diffusione in Australia degli antenati degli aborigeni australiani e in particolare del dingo: tuttavia, stando ai reperti fossili, il diavolo della Tasmania avrebbe convissuto con essi per circa 3000 anni prima di estinguersi, a differenza di altre specie (come il tilacino) scomparse dall'entroterra australiano quasi subito dopo l'arrivo dell'uomo. Alcuni studiosi ritengono più probabile che la scomparsa del diavolo della Tasmania dall'Australia sia da attribuire al fenomeno di El Niño, che durante l'Olocene si manifestò in maniera particolarmente forte, tale da abbattere alcune popolazioni animali particolarmente sensibili a esso.

 

Con l'arrivo dei coloni europei, i diavoli della Tasmania cominciarono a essere abbattuti in quanto ritenuti implacabili cacciatori di bestiame e competitori nella caccia al wallaby (molto ricercato in passato per la pelliccia): nel 1830 venne introdotto un sistema di taglie da assegnare per ogni animale ucciso, e nel solo 1923 vennero abbattuti più di 900.000 diavoli orsini, sia con armi da fuoco sia attraverso metodi indiretti, come trappole ed esche avvelenate. Il bracconaggio nei confronti di questa specie attualmente viene definito "localmente intenso" dalle autorità tasmaniane, tuttavia il numero di animali abbattuti non è tale da rappresentare un effettivo problema per la sopravvivenza della specie: fino alla seconda metà degli anni ’90, invece, l’uccisione illegale di diavoli della Tasmania causava la morte di circa 10.000 di questi animali ogni anno.

 

La visione del diavolo della Tasmania come un astuto e implacabile predatore, che uccide anche senza essere spinto dalla fame (probabilmente dovuta all’osservazione di qualche gruppo di questi animali intento ad attaccare qualche pecora vecchia o malata) dimostrò la propria infondatezza quando venne appurato che anche nelle aree in cui la specie era stata completamente estirpata il numero di capi di bestiame ucciso non differiva di molto rispetto a quello misurato quando la specie era ancora presente nell’area: mentre le pecore e gli altri capi di bestiame venivano attaccati e uccisi principalmente da mute di cani rinselvatichiti, il pollame veniva razziato dai gatti rinselvatichiti e dai dasiuri.
Con l'estinzione del tilacino, avvenuta nel 1936, la popolazione tasmaniana prese coscienza della necessità di preservare una fauna unica come quella locale e nel giugno 1941 venne emanata una legge speciale che decretava la protezione del diavolo della Tasmania, allora divenuto piuttosto raro: negli anni cinquanta, tuttavia, in virtù di una veloce crescita numerica di questa specie, venne permessa la cattura limitatamente agli esemplari colpevoli di razzie ai danni dell'uomo. Negli anni sessanta venne permesso anche l'utilizzo di esche avvelenate per evitare tali razzie, mentre le pressioni effettuate sul governo per togliere al diavolo della Tasmania lo status di specie protetta ebbero scarso successo (questo principalmente perché il movimento ambientalista locale evidenziò che il ruolo di questa specie nelle razzie ai pollai e agli ovili era del tutto marginale, mentre i principali artefici dei danni erano i cani rinselvatichiti).

 

Negli anni novanta, venne stimata una popolazione di diavoli della tasmania compresa fra i 130.000 e i 150.000 animali. Nel 2005, in seguito al diffondersi del tumore facciale del diavolo, la specie venne classificata come "Vulnerabile" dal governo locale[56], e l'anno dopo tale classificazione venne confermata anche dal governo centrale australiano[57]. Nel 2008 una nuova stima della popolazione effettuata dal governo tasmaniano stimò una popolazione selavatica compresa fra i 10.000 e i 100.000 individui, con 20.000-50.000 esemplari sessualmente maturi[58]. A fronte di questo vertiginoso declino, nel 2009 l'IUCN riclassificò la specie (sino ad allora considerata come "A rischio minimo") come "In pericolo.

 

La popolazione selvatica di diavolo della Tasmania pare essere suscettibile a cali periodici di consistenza numerica, dovuti probabilmente all'oscillazione della disponibilità di cibo o allo scoppio di epizoozie: anche se già nel 1850 viene segnalata una rarefazione della specie per non meglio precisati motivi, il primo evento del genere ben documentato risale al 1909 e il secondo al 1950. Dopo un boom della popolazione durante la prima metà degli anni settanta, la consistenza numerica della specie calò nuovamente, probabilmente a causa della scarsità di cibo dovuta al sovrappopolamento: anche nel 1987 venne registrato un calo dovuto alla medesima causa, sebbene un anno dopo venne scoperto che il 30% circa della popolazione selvatica di diavolo della Tasmania presentava infestazione da Trichinella spiralis. La cosa generò una certa apprensione, poiché tale parassita rappresenta un serio problema per gli animali domestici e può infettare anche l'uomo: tuttavia, venne appurato che i parassiti del diavolo orsino non erano trasimissibili ad altre specie. Inoltre, oltre a essere soggetto all'infestazione da parte di tutta una serie di parassiti, come pulci e zecche, il diavolo della Tasmania rappresenta l'unica specie ospite del cestode Dasyurotaenia robusta, che pertanto (in seguito al declino della popolazione di diavolo orsino) viene considerato "Raro" dal governo della Tasmania. Dal 1999, a tutti i diavoli della Tasmania osservati durante ricerche sul campo vengono prelevati campioni di tessuto da un orecchio per effettuare una biopsia e prelevarne il DNA, in modo tale da avere informazioni sempre aggiornate circa lo stato di salute della popolazione selvatica: nel settembre del 2010, erano a disposizione degli studiosi 5642 campioni.

 

I diavoli della Tasmania cadono spesso vittima della strada: la loro conformazione, colorazione e la relativa lentezza nei movimenti li rendono molto difficili da avvistare ed evitare per tempo dagli automobilisti rispetto ad altre specie di taglia simile, tanto che un recente studio ha dimostrato che, per evitare con successo un diavolo della Tasmania in procinto di attraversare la strada, un autoveicolo dovrebbe muoversi a una velocità pari a circa la metà del limite massimo imposto nelle zone rurali tasmaniane. Già negli anni novanta venne notato che nelle aree attraversate da strade asfaltate di nuova costruzione si registrava un rapido dimezzamento della popolazione di diavoli orsini: assieme ai dasiuri, inoltre, questi animali sono soliti attardarsi sulla strada durante la notte per cibarsi degli animali investiti, il che li rende ancora più suscettibili di venire investiti a loro volta. Per evitare un eccessivo impatto delle strade sulla popolazione di diavolo della Tasmania (si calcola che annualmente circa 3392 esemplari, vale a dire fra il 3,8 e il 5,7% della popolazione selvatica, cadano vittime della strada), il governo locale ha lanciato varie campagne di sensibilizzazione correlate a misure di sicurezza come l’illuminazione delle strade rurali, la rimozione degli animali morti da parte di squadre di volontari e l’installazione di cartelli di avvertimento: queste azioni sembrano aver dato i loro frutti, in quanto la mortalità di questa specie si è molto ridotta.

 

Il declino numerico di questa specie ha favorito la diffusione in Tasmania di alcune specie introdotte, come cani, gatti e soprattutto la volpe rossa, che nel resto dell’Australia rappresentano un serio problema per la fauna locale, avendo decimato numerose specie autoctone[64]. I diavoli della Tasmania, infatti, competono attivamente con questi animali nella ricerca del cibo e spesso si nutrono dei piccoli o anche degli adulti, tenendone il numero sotto controllo: a loro volta, però, i cani e le volpi rappresentano un pericolo per i giovani esemplari[65]. Per cercare di arginare il problema, sono state progettate delle trappole con esca avvelenata, munite di particolari modifiche studiate per permetterne il consumo solo da parte di volpi e cani.

 

Il tumore facciale del diavolo

Diagnosticato per la prima volta nel 1996 in Tasmania nord-orientale, il tumore facciale del diavolo (DFTD) in pochi anni si è diffuso nel 65% della Tasmania (zona centro-orientale dell’isola, mentre le aree nord-occidentali e meridionali pare siano ancora libere dal contagio), decimando la popolazione selvatica del diavolo della Tasmania: le stime sull'impatto della malattia parlano di una riduzione in numero compresa fra il 20% e il 50%.

 

Questa malattia rappresenta un esempio di cancro trasmissibile, in quanto può essere trasmesso da un animale all’altro. La malattia si manifesta con la comparsa di formazioni neoplastiche attorno agli occhi e alla bocca (e a uno stadio avanzato anche all'interno di essa), che ostacolano le normali attività di ricerca del cibo e nutrizione, portando nella maggior parte dei casi alla morte per inedia nel giro di pochi mesi. Non è ancora stato possibile approntare un vaccino o una cura efficace per questo male, sicché l’unica maniera per arginarne gli effetti sulla popolazione selvatica è isolare il prima possibile gli individui infetti, per evitare che diffondano il contagio. Sono inoltre in atto catture mirate di esemplari sani, messi in quarantena per salvaguardare il biotipo in caso di distruzione della specie allo stato selvatico: a questo scopo vengono allevate in condizioni di semilibertà due "popolazioni di sicurezza", una nel villaggio di Taroona (sito nei pressi della capitale tasmaniana Hobart) e una su Maria Island, al largo della costa orientale della Tasmania. Operano in supporto al salvataggio delle informazioni genetiche anche lo Healesville Sanctuary di Melbourne e il Taronga Zoo di Sydney. Nel gennaio 2010, il numero di diavoli della Tasmania ospitati in queste strutture ammontava a 277 esemplari.

 

Nel 2008 da esami chimici effettuati sul tessuto adiposo di 16 individui colpiti da DFTD è emersa la presenza di forti dosi di elementi chimici tossici e potenzialmente cancerogeni: in particolare, è stata evidenziata la presenza di BB153 (esabromodifenile) e BDE209 (decabromodifenile), appartenenti alla categoria dei PBDE (eteri difenili polibrominati) e utilizzati comunemente come ritardanti di fiamma in molti oggetti di uso comune. In passato era stata chiesta la messa al bando di questi composti ai sensi della convenzione di Stoccolma: tuttavia, le industrie produttrici di BDE209 avevano espressamente negato la possibilità di bioaccumulo da parte del composto, che si era pertanto imposto sui prodotti concorrenti proprio per questa caratteristica.

 

Nell'ambito del sequenziamento del codice genetico del diavolo orsino, delle analisi effettuate sulle molecole di classe I del complesso maggiore di istocompatibilità (MHC) di questi animali hanno mostrato l'esistenza di 25 "tipi" diversi, con differenze crescenti in direttrice nord-ovest/est. Nell'area orientale dell'isola il 70% dei diavoli della Tasmania presenta un tipo associato all'insorgenza del DFTD (in particolare il 30% di essi presenta tipo 1, il 24% tipo A, la rimanente percentuale si divide fra i tipi D e G), mentre a ovest poco più della metà degli animali appartengono a una di queste categorie: sono invece presenti tipi endemici di questa zona[75]. Ciò significa che, pur presentando diversità genetica minore, nella popolazione nord-occidentale di diavolo della Tasmania tale diversità si manifesta principalmente a livello dei geni del MHC, consentendo maggiore resistenza al DFTD.

 

Nel 2011, è stato stimato che il costo per la salvaguardia della specie ammonterebbe a circa 11 milioni di dollari.

 

Le Associazioni di riferimento:

www.lav.it
www.enpa.it
www.abolizionecaccia.it
www.oipaitalia.org
www.greenpeace.org
www.wwf.it
 

 

www.wwf.it
wikipedia.it


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