in occasione del bicentenario della pubblicazione della prima edizione dell´Organon dell´Arte del Guarire…
Premessa
La medicina, sia umana sia veterinaria, diventa non più un tecnicismo determinato dall’applicazione di protocolli o regole, ma una disciplina in cui viene tenuto conto dell’individuo nella sua totalità, del suo stile di vita, delle sue abitudini alimentari e del suo benessere mentale, in un’ ottica anche preventiva, oltre che terapeutica.
Nel 1810 è quindi iniziata una nuova era ed il suo risuonare è stato raccolto da milioni di persone in tutto il mondo, sia medici che pazienti, come pure veterinari ed allevatori, per l’ indiscussa efficacia nella pratica clinica, anche se ovviamente a livello sperimentale è necessario completare la ricerca.
OLOSMEDICA,“Associazione Scientifica Internazionale di Medicina Tradizionale, Complementare e Scienze Affini”nell’ambito del programma delle sue attività per il 2010 intende dedicare una serie di eventi all’Omeopatia.Fra gli eventi in programma è stata organizzata, in collaborazione con l'Unire e Il Portale del Cavallo e in occasione di RomaCavalli(Roma 9-11 aprile 2010), una Tavola Rotonda su: “Omeopatia veterinaria……. parliamone”.
E’ stata un’occasione per confrontare, con un taglio eminentemente pratico, le diverse esperienze e culture sui temi dell'Omeopatia fra veterinari di varie scuole e di varie associazioni, quali:ZOOBIODI, SIOMI, FIAMO.
Il programma
Cinque le relazioni in programma, al prof. Paolo Pignattelli il compito di tracciare l’evoluzione dell’Omeopatia veterinaria dalla sua fondazione per opera del dott. Lux, un seguace di Hahnemann, ai giorni d’oggi.
Facendo riferimento alla situazione italiana, il relatore ha ricordato che sono oltre mille i veterinari che usano a pieno titolo l’Omeopatiae che da parte di allevatori e proprietari, sia di animali da reddito sia d’affezione,la richiesta è in costante aumento con un trend del 5-7% annuo (ultimi cinque anni).
Anche se sono soprattutto gli animali d’affezione i principali “clienti” (75-80%) è in aumento il ricorso all’Omeopatia negli animali da reddito, compreso l’allevamento cosiddetto industriale.
Molto pratica ed interessante la relazione della dott.ssa Debenedictis su: L’omeopatia nelle principali patologie del cavallo.
L’Omeopatia si è dimostrata l’arma vincente in tutti i casi presentati comprese le patologie comportamentali in costante aumento soprattutto nel cavallo sportivo a causa di modelli di allevamento, gestione, competizione, ecc. sempre più spinti e finalizzati al risultato.
Ma l’Omeopatia, ha ricordato la relatrice, non è la panacea per tutti i mali e ne ha sottolineato i limiti ed i problemi della sua pratica applicazione che spesso potrebbero essere evitati e risolti con un migliore rapporto veterinario/allevatore, allevatore/paziente, nel nostro caso il cavallo.
Infine, ha ricordato comela relazione fra dolore e sofferenza venga oggi troppo spesso sottovalutata, mentre nel cavallo, animale altamente selezionato e molto sensibile, rappresenta una variabile importantissima.
Prova ne è il fatto che le stereotopie sono spessissimo la somatizzazione della sofferenza piuttosto che reazioni al dolore fisico come dimostrato dall’inefficienza della soppressione farmacologica della percezione dolorifica.
Sul rapporto proprietario-allevatore ed animale, vuoi cavallo, vuoi animale d’affezione e/o da reddito, visto da angolature diverse, sono ritornati nelle loro relazioni, la dott.ssa Rigamonti ed il dott. Pecchia, dimostrando come nell’approccio omeopatico delle diverse patologie animali venga innanzitutto valorizzato il benessere degli animali, che diventa parte integrante del processo di guarigione ed al tempo stesso il fine.
I numerosi casi clinici presentati hanno evidenziato come sia possibile, con un corretto approccio omeopatico,risolvere numerose patologie degli animali, anche comportamentali e da ultima spiaggia, in tempi relativamente brevi, spesso implementandolo con varie terapie a disposizione del veterinario.
Il dott. Cipollone, da veterinario omeopata ed esperto di farmacovigilanza nel concludere l’evento ha evidenziato anche gli aspetti normativi auspicando una maggiore sensibilità da parte delle istituzioni affinchèvengano recepite ed attuate le norme che riguardano l’Omeopatia sia umana sia veterinaria alla stessa stregua di altri Paesi comunitari.
I tempi sono ormai maturi, ha ricordato il relatore, come sono altrettanto forti le istanze da parte dei veterinari, di una parte del mondo scientifico, degli allevatori, dei proprietari di pet, ecc. perché l’Omeopatia venga riconosciuta come scienza medica.
Conclusioni
“Omeopatia veterinaria… parliamone”non è stata solo l’occasione per fare il punto dei progressi della medicina omeopatica veterinaria in Italia, ma anche per parlare dei nuovi campi d’applicazione, dei punti di forza e di debolezza, dei vantaggi, dei limiti e del futuro.
Partendo da quest’ultimo, nonostante tutte le critiche e in questo campo quelle italiane brillano ai primi posti, che periodicamente ricompaiono dai tempi di Hahneman a oggi, l’Omeopatia continua a crescere sia in campo umano che veterinario (dal 5 al 13% annuo negli ultimi 10 anni).
Proprio l’impiego dell’Omeopatia in medicina veterinaria ed i relativi successi, spesso ottenuti in condizioni estreme e di “ultima spiaggia”, ci fornisce la possibilità di controbattere le critiche mosse all’omeopatia, soprattutto: mancanza di scientificità ed effetto placebo.
Nessun allevatore affiderebbe i propri animali, fonte del proprio reddito, a un veterinario omeopata senza calcolare il rischio/beneficio, ma lo stesso vale per gli animali d’affezione sempre più antropomorfizzati e ormai considerati alla stregua de “ ilmio bambino”.
E’ più che chiaro che in questo contesto sono i risultati che parlano, vuoi sul piano economico (animali da reddito) sia su quello affettivo (animali da compagnia) e dove l’effetto placebo non può in alcun modo essere invocato. Ma veniamo ai “nuovi” campi di applicazione, quello che potremmo definire un “ammodernamento “ dell’applicazione del percorso omeopatico in veterinaria, ci riferiamo a due aspetti in particolare. Il primo riguarda il rapporto: Allevamento con metodo biologico (CE 1804/99 e seguenti) e Uso dell’Omeopatia, previsto dall’artico 5 del citato regolamento.
I tempi sono maturi perché il veterinario omeopata entri a pieno titolo (veterinario aziendale) negli allevamenti biologici (profilassi, terapia, eugenetica, ecc.) a garanzia di una reale riduzione/azzeramento dei residui nelle derrate alimentari e nell’ambiente, nonché del benessere animale.
Il secondo riguarda il trattamento delle patologie comportamentali, sempre più frequenti, come noto, sia negli animali da compagnia (i più colpiti) sia in quelli da reddito (stress, allevamento “industrializzato”, malattie condizionate, ecc.).
L’Omeopatia si è rilevata, da sola o associata ad altre medicine non convenzionali (Fiori di Bach, Agopuntura, ecc.) un’arma vincente, anche in situazioni estreme e in grado di risolvere i problemi in tempi brevi.
Tuttavia c’è ancora molta strada da compiere soprattutto sul piano della ricerca, della sperimentazione e dei controlli, ma anche e diciamolo francamente sul piano associativo, forse ci siamo dimenticati che l’unione fa la forza e la politica delle parrocchiette non ci giova.Infine, un po’ più d’attenzione “positiva” da parte delle istituzioni in generale e dell’Università in particolare, non guasterebbe.
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Prof. Paolo Pignatelli
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