Pur essendo una sottospecie piuttosto diversa rispetto al cervo europeo, l’origine del cervo sardo è da considerarsi artificiale perchè attuata da parte dell’uomo nell’ultimo periodo dell’età del bronzo. Questo cervo rappresenta ancora oggi un mistero e la sua importazione si giustificherebbe per la presunta utilità che l’animale avrebbe potuto recare all’uomo, in particolare nell’ambito sacro-rituale.
Si dice estinzione la scomparsa di una determinata specie di organismi viventi.
Le cause principali di una estinzione possono essere diverse: un mutamento improvviso dell'ambiente in cui vive la specie, tanto che gli esemplari non riescono ad adattarsi; la comparsa di una specie concorrente (per il cibo) o di una specie predatrice. I campanelli d'allarme che segnalano il rischio di estinzione di una specie sono due: la diminuzione dello spazio vitale, cioè dei territori e habitat che questa specie occupa, e la diminuzione del numero di esemplari della specie stessa.
Le specie considerate più "fragili" sono quelle più specializzate e che occupano particolari e ristrette nicchie ecologiche, per esempio perché si cibano esclusivamente di un particolare cibo, come il panda, o perché vivono solo su certe particolari isole, come le tartarughe giganti delle isole Galapagos. All'altro estremo, specie onnivore estremamente diffuse e adattabili, come i topi, le mosche, gli scarafaggi e l'uomo, non corrono rischi di estinguersi a meno di eventi straordinari su scala planetaria.
Proprio l’uomo oggi si può considerare una delle più grandi minacce per la maggior parte degli animali considerati a rischio di estinzione.
Tuttavia, negli ultimi anni grazie anche alle attività di molte associazioni animaliste attive a livello mondiale nella tutela del pianeta e degli animali, la presa di coscienza dell'uomo nei confronti dell'ambiente che lo circonda ha fatto sì che si cominciasse a cercare di porre rimedio agli errori del passato: da ciò sono nati progetti per ricreare animali come l'uro con incroci e selezioni genetiche, come avvenne nel secolo scorso con il quagga e con il tarpan. In più nel 2010 è stata pubblicata la resurrection list (in inglese la lista della resurrezione) con una top 10 in cui dieci animali estinti sono quelli con le maggiori probabilità di essere clonati con successo.
Fonti WWF sostengono che attualmente nessuno conosce il numero esatto di specie che si estinguono ogni anno, ma si sa che oggi minacciato il 23% dei mammiferi e i 12% degli uccelli. Ogni zona del mondo subisce i danni derivati dalle attività umane.
Proprio per sensibilizzare tutti i nostri lettori (oltre 70.000 ogni mese) abbiamo deciso di pubblicare sul Portale una razza di un nostro amico animale a rischio di estinzione con cadenza settimanale e gli indirizzi delle associazioni che più sono attive per la salvaguardia del pianeta e degli animali come il wwf.it.
Oggi parliamo del Cervo Sardo.
Il cervo sardo (Cervus elaphus corsicanus Erxleben) è una sottospecie del cervo europeo. Il nome scientifico richiama la sua prima osservazione in Corsica, ma l'animale si è quasi estinto nell'isola attorno alla metà degli anni sessanta per esservi reintrodotto solo alla fine degli anni novanta.
Pur essendo una sottospecie piuttosto diversa rispetto al cervo europeo, l'origine del cervo sardo è da considerarsi artificiale, ed attuata, da parte dell'uomo nell'ultimo periodo dell'età del bronzo (1200-700 a.C.).
Questo cervo rappresenta ancora oggi un mistero e la sua importazione si giustificherebbe per la presunta utilità che l'animale avrebbe potuto recare all'uomo, in particolare nell'ambito sacro-rituale. Si ritiene infatti che questo ungulato possa aver destato un interesse casuale o di generica utilità tanto da garantirgli un passaggio in Sardegna o Corsica. Favorito anche dalle selve e dalle rigogliose foreste che ricoprivano le due isole, l'animale si è successivamente diffuso uniformemente su tutto il territorio.
Tra la fine dell'Ottocento e soprattutto i primi decenni del Novecento, in concomitanza con la forte deforestazione, l'intensificarsi della caccia e degli incendi pastorali, il cervo ha visto ridursi notevolmente sia la propria densità distributiva, sia il proprio areale, nonostante la prima legge del 1939 che imponeva in Sardegna il divieto totale di caccia al cervo.
Il Cervo Sardo è lungo circa 2,50 metri compresa la coda ed alto al garrese attorno ai 1,00-1,30 metri. Presenta la testa di medie dimensioni; il muso è allungato, tronco all'apice; gli occhi sono grandi; ha le orecchie ovali molto grandi e dritte; il collo si presenta grosso e lungo; il tronco robusto; gli arti, lunghi e snelli, sono muniti di due grosse dita provviste di robusti zoccoli (altre due dita laterali rimangono in stato rudimentale); la coda è corta e grossa; la sua pelliccia presenta peli abbastanza lunghi e spessi con un manto bruno scuro e parti inferiori più chiare; caratteristico è il cosiddetto disco codale, zona bianca nella parte posteriore delle cosce.
Il maschio ha palchi (impropriamente chiamati corna) caduchi, sottili e ramificati, fissati sull'osso frontale: i palchi vengono rinnovati ogni anno e nei primi anni di vita cadono e rispuntano con un ramo in più. La femmina è completamente sprovvista di palchi.
Predilige le fitte foreste di macchia mediterranea alta e la boscaglia. Gli areali di diffusione sono ancora limitati e localizzati a specifiche aree, seppure in costante espansione.
La specie è particolarmente protetta e fino a non molto tempo fa se ne temette seriamente l'estinzione: alla fine degli anni sessanta fu inserito nella IUCN Red list of Threatened Species con una popolazione stimata probabilmente inferiore ai 100 esemplari.
La salvaguardia dall'estinzione di questa specie ha la sua pietra miliare nella metà degli anni ottanta, con l'acquisizione della Riserva di Monte Arcosu da parte del WWF Italia.
L'opera di tutela dell'associazione, affiancata dall'attività di allevamento e ripopolamento attuata dall'ex Azienda Foreste Demaniali della Sardegna, ha permesso di allontanare lo stato d'emergenza consentendo l'incremento della popolazione nel territorio del Sulcis e la sua reintroduzione negli areali del Sarrabus e del Monte Linas e, recentemente, nella stazione forestale del Monte Lerno (Pattada) e in Corsica (Quenza).
Sono in corso da anni tentativi di ripopolamento di altre aree, in particolare nella Barbagia, e nel Gerrei. Nell'opera di salvaguardia sono coinvolti diversi organismi pubblici o privati. Alle azioni dell'Ente foreste della Sardegna, dell'Università di Cagliari, del WWF Italia si affiancano gruppi di volontari o associazioni che operano in contesti locali.
Un censimento del 2005 ha stimato una popolazione di oltre 6.000 esemplari allo stato libero in Sardegna, distribuita in tre areali non contigui della parte meridionale dell'isola. A questi si aggiungono circa 400 esemplari confinati nei recinti faunistici dell'Ente Foreste, fra cui Monte Lerno, attualmente ripopolata, Montarbu di Seui e nel Tacco di Ulassai, nonché la popolazione in Corsica, che si stima essere di circa 150 esemplari.
Nonostante gli incoraggianti successi ottenuti non è possibile affermare che il cervo sardo non corra più il rischio di estinzione. Le cause che hanno portato infatti alla sua rarefazione non sono state ancora completamente rimosse.
La modificazione dell'habitat (in particolare gli incendi boschivi), ed il bracconaggio costituiscono una minaccia sempre presente. Oggi il cervo sardo è fra le specie particolarmente protette a livello nazionale e regionale ma nonostante ciò è opportuno proseguire con la politica di reintroduzione nelle aree boschive dove storicamente l'animale era presente ancora all'inizio del XX secolo.
Le Associazioni di riferimento:
– www.lav.it
– www.enpa.it
– www.abolizionecaccia.it
– www.oipaitalia.org
– www.greenpeace.org
– www.wwf.it
www.wwf.it
wikipedia.it
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