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Il resoconto di Giuseppina Gianotti del GIA (Gruppo Italiano Attacchi) del celebre e storico Carnevale di Ivrea in programma dall’8 al 13 febbraio 2018
Sento il bip bip della sveglia…sono le 4.00: oggi è una grande giornata e sono mesi che mi preparo. Esco: fa freddo, attraverso il cortile per raggiungere la scuderia. Nel box, uno dei cavalli è ancora coricato su un fianco, sta riposando; come sente la mia voce, balza in piedi. Lo sguardo è attento, segue ogni mio movimento: mi avvicino alla radio e faccio partire il nastro che, da un mese a questa parte, gira in scuderia. Un rullo di tamburi seguito dalle note dei pifferi riempie il locale e i cavalli drizzano le orecchie girandole in avanti, per cogliere ogni minimo suono. In un angolo, accanto alla porta, ho già preparato la paglia per intrecciare le code e aspetto che il mio amico di sempre arrivi per iniziare la preparazione. Infilo le capezze e comincio a spazzolare le code, sciogliendo gli eventuali nodi rimasti dopo la approfondita toelettatura del giorno prima.
La porta della scuderia si apre e vedo affacciarsi il mio amico, Ci salutiamo, ma non abbiamo bisogno di dire altro; l’amicizia e l’affiatamento, che ci legano da anni, ci permettono di comunicare senza parole.
Ognuno di noi sa cosa deve fare. Il suo è un lavoro di fino: partendo dalla cima, intreccia pochissimi crini laterali con la paglia naturale, creando una treccia che delinea i contorni del nervo della coda. Conta con precisione il mio amico, 17-18 giri per poi chiudere l’acconciatura con uno stretto nodo che fissa ulteriormente la treccia, mentre lascia ondeggiare liberamente la folta coda. All’apice e alla base della treccia appone due pom pom del colore del team. Io, invece, mi occupo di spazzolare il lucido mantello, risultato di una doccia profumata fatta ieri, ma anche frutto di una meticolosa alimentazione. La porta della scuderia si apre di nuovo e compare mia figlia, ancora assonnata: lei è addetta alle criniere; una volta, ai miei tempi, non si usava intrecciare o addobbare l’animale.
Oggi, invece, anche l’immagine ha il suo valore. Tutti lavoriamo in silenzio, mentre fuori comincia ad albeggiare.
GRAN LAVORO IN SCUDERIA
Ecco i ragazzi del carro che devono fare gli ultimi arrangiamenti. Oggi è una giornata importante anche per loro, perché una giuria scelta valuterà il disegno del carro, la scelta dei colori e la costumazione degli aranceri, che creano l’immagine nel suo insieme. Hanno lavorato duramente negli ultimi mesi, facendo attente ricerche storiche, abbinamenti di colore, seguendo tutti i lavori di sartoria e cura dei particolari minuziosa. Tiro fuori il primo cavallo ed inizia la procedura dell’imbardatura: la mia squadra di collaboratori lavora affiatata, ognuno consapevole del proprio ruolo.
La concentrazione è al massimo, la cura dei dettagli anche: c’è chi spazzola e lucida gli zoccoli, passandovi un unguento oleoso affiché risaltino; chi si occupa di sistemare i finimenti, chi li regola, chi mette le cuffie e chi posiziona le copertine sotto il sellino in modo che, oltre ad un fattore estetico, aiutino a proteggere la schiena dal peso dei campanelli.
Oggi ad attenderci in piazza una giuria tecnica darà un primo giudizio sui cavalli, finimenti e guida. Il cavallo comincia a scalpitare, apre le froge e un rivolo di fiato esce, mentre si guarda intorno con sguardo attento; anche lui coglie la tensione del momento e sa cosa sta per succedere. Oggi è solo l’anteprima della festa.
Quando siamo pronti ed i cavalli sono attaccati partiamo per la nostra meta: Ivrea. Tutto intorno regna il silenzio, ma come do il primo incitamento, il cavallo di volata sinistro parte orgoglioso, seguito dai compagni: l’affiatamento è tale che se ne chiami uno, partono tutti insieme. Sono stati mesi di lunga preparazione e allenamento, ma il risultato è positivo: l’attacco si muove all’unisono e trascina dietro di sé il pesante carro.
Il silenzio finalmente è rotto dallo scampanellio acuto e dallo scalpiccio dei ferri sull’asfalto, accentuato dai ramponi della ferratura che servono a garantire una presa sicura sui cubetti del centro. Sono solo pochi chilometri che ci permettono di verificare che tutto sia a posto e fare gli ultimi aggiustamenti.
E poi, finalmente, ecco il Ponte della Dora, Corso Re Umberto e, infine, Corso Massimo d’Azeglio, luogo del ritrovo. Una lunga fila di spiumazzi colorati, di teste in movimento, di bandiere svolazzanti, di pariglie e tiri a quattro: cavalli gelder dal manto sauro, nero e frisoni, uno spettacolo unico nel suo genere.
CARRI DA GETTO A GIUDIZIO
Il giro è breve, la presentazione esaltante ed emozionante. La tensione si molla, tutto è andato bene, la folla era tanta, gli attacchi numerosi, colorati, eleganti, bellissimi… uno spettacolo mozzafiato. Poi tutti a casa a risistemare per la prossima settimana. Infine, si commenta la giornata intorno ad un tavolo imbandito, si parla uno sopra l’altro e l’adrenalina e l’eccitazione sono libere di esprimersi.
Ora si deve pensare alla battaglia.
A IVREA
La giornata è soleggiata e la temperatura mite; siamo in attesa in Corso Massimo d’Azeglio per il controllo dei documenti veterinari. La tensione è palpabile. I ragazzi sul carro intonano un canto di guerra per caricare gli animi in attesa del via alla battaglia. Anche i costumi storici sono stati abbandonati e sostituiti dalle pesanti imbottiture sotto le ampie casacche, per attutire i colpi delle arance.
I cavalli, invece, sono riccamente imbardati e, oltre ai finimenti, sfoggiano spiumazzi dai colori sobri, campanelli, copertine in tema con i colori del carro, addobbi in cuoio o ferro che ricordano le vecchie armature usate nelle battaglie del medioevo.
Si avvicinano i poliziotti e mi chiedono di soffiare dentro la macchinetta per misurare il tasso alcolico. Intanto il mio socio esibisce i documenti al veterinario incaricato, il quale controlla che corrispondano ai cavalli attaccati.
Superati i controlli, i responsabili mi invitano ad avanzare. Tiro le redini con mano leggera per richiamare l’attenzione dei cavalli che sono distratti dai numerosi suoni e colori, che li circondano, poi do un comando con la voce tonante e subito partono eccitati per il luogo della battaglia.
INIZIA LA BATTAGLIA!
Le squadre a piedi hanno ormai affollato le piazze e il suono di un fischietto dà il via alla battaglia: è ora, si parte. All’urlo: “Maschere!!” i ragazzi indossano la protezione per il viso, mentre io, già pronto e con l’adrenalina che mi scorre nelle vene, chiamo i cavalli per entrare. Subito è il caos, ma io non perdo di vista i cavalli, che avanzano in mezzo ad un corridoio di folla, un po’ frastornati e nervosi; cerco con la voce di sovrastare le urla e il caos intorno e li invito a procedere con calma, tengo d’occhio gli aranceri a piedi e, appena noto uno spazio, mi fermo. Le urla si fanno più forti e insistenti, le arance volano da ogni parte ed io tengo d’occhio i cavalli, osservo i loro movimenti, se manifestano segni d’insofferenza e quando mi accorgo che diventano irrequieti, li chiamo e ci muoviamo lentamente.
I miei assistenti a terra osservano e cercano conferma che è tutto a posto e che non devono intervenire. E, dopo pochi metri, mi fermo di nuovo: ora i cavalli hanno capito cosa devono fare, sanno che la sosta è breve e che quando sono stufi, ci si può muovere.
Ma, soprattutto, hanno capito che non succederà loro nulla, che tutto il caos e la confusione fanno parte dello spettacolo, ma non rappresentano una minaccia.
Usciamo dalla piazza, soddisfatti e carichi, non ci resta che raggiungere la meta successiva tra gli applausi del pubblico e i complimenti delle squadre a piedi. Sono ormai due ore che giriamo, i ragazzi cominciano ad avvertire un po’ di stanchezza e l’aria si sta raffreddando. Chiedo ai miei aiutanti di mettere una coperta sulla schiena dei cavalli per impedire che si raffreddino le reni, mentre siamo fermi nell’attesa che arrivi il nostro turno per entrare nell’ennesima piazza.
RIENTRO A CASA
A casa. Mia moglie e le donne che la aiutano sono già pronte a prendere le divise bagnate e zuppe di succo di arance per portarle a lavare; nel frattempo, alcune persone del mio team, che ci hanno preceduto, si stanno occupando dei cavalli, staccandoli dal carro. Fiocchi e copertine vengono subito presi per essere lavati, mentre i finimenti vengono sistemati quasi con reverenza sui pioli. Domattina saranno lavati con acqua calda e sapone per togliere via ogni traccia di arancia e lucidati per il pomeriggio.
I cavalli si scrollano di dosso la stanchezza, segno che stanno bene e vengono accompagnati nei box, dove ad attenderli c’è una buona razione di fieno e la lettiera è già stata sistemata. Code e criniere sono sciolte adesso, ci si assicura che liberino la vescica e poi si procede con una bella doccia calda che, da un lato, sgrassa il pelo macchiato di succo d’arancia e, dall’altro, rilassa la muscolatura che è stata sollecitata durante la giornata.
I ragazzi, intanto, stanno pulendo il carro, togliendo le arance rimaste, raccogliendo la melma che si è fermata sul pianale e lavando le pareti del carro. Un gruppo sta lavando maschere e imbottiture, preparandole per l’indomani. Degli amici entrano in tavernetta e ci si siede al tavolo a chiacchierare, bere e mangiare due bugie, mentre mia moglie si occupa della cena. Mille commenti e chiacchiere si sovrappongono ed io mi sento soddisfatto e felice.
DOMANI… E’ ANCORA CARNEVALE!
Il mio socio è appena rientrato dalla scuderia e mi riferisce che è tutto a posto. Mi allontano dalle chiacchiere e raggiungo i box, quasi per assicurarmi che sia veramente tutto a posto. I cavalli indossano il pile per assorbire i residui d’acqua e non mi degnano di uno sguardo, troppo impegnati a mangiare. Raccolgo i secchi e finalmente ottengo la loro attenzione, è l’ora della biada. Vado nello sgabuzzino e ne metto in ciascun secchio una razione; non esagero, perché la fatica di oggi li ha stancati.
Dopo una bella doccia ed essermi cambiato, sono pronto per la cena. Scendo e ad attendermi gli amici, stanchi, ma felici per la giornata. Sulla tavola pietanze e cibarie che tutti hanno contribuito a portare e preparare, perché il Carnevale è anche questo: gioia di stare insieme e condividere. Entro ancora una volta in scuderia: i cavalli, ormai avvolti dalle loro calde coperte, mi guardano con curiosità. Do loro la seconda razione di biada e aggiungo del fieno, affinché possano mangiare con calma durante la notte. Spengo la luce ed esco.
“Domani è un altro giorno …ed è ancora Carnevale!”.
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