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L’utilizzo del cavallo Siciliano Indigeno per la caccia con il falcone

Non è facile entrare nel mondo dei falchi e della falconeria ma una volta introdotti si rimane affascinati; è un'arte piena di difficoltà e d'imprevisti e non c'è dubbio che, praticandola a cavallo, gli ostacoli aumentano notevolmente anche se ciò provoca maggiori emozioni al falconiere, il quale porta nel suo bagaglio genetico quel carattere indistruttibile di sentimento, di nostalgia, d'amore per il passato medievale.
E' una cultura che risale ad epoche antichissime, come numerose testimonianze di vari paesi vengono a dimostrare: addestrare falchi o altri uccelli di rapina, utilizzandoli per la cattura della preda.

Il mondo orientale ha detenuto nel passato questo primato d'addestramento: la raffinatezza del pensiero culturale, la perspicacia, la pazienza, l'astuzia sono caratteri genetici tipici dei popoli del Sol Levante; i cavalieri Mongoli ne sono una testimonianza, in quanto ne furono i primi artefici e gli Arabi hanno altrettante tradizioni antiche; i Cinesi nel 200 a.C. adottavano tecniche di ammaestramento e tutta l'area del Medio Oriente è stata la culla della falconeria.
Nell'alto Medioevo, con l'invasione dell'Europa, da parte di popoli scesi dal nord della Siberia, questa nuova tecnica della caccia farà la sua apparizione e dal 1500 al 1600 verrà eletta al grado di "istituzione".

Per tutto il lungo periodo medievale e parte del rinascimento il falco veniva considerato un volatile di pace, un mezzo di riappacificazione fra due popoli in contrasto fra loro, merce di scambio fra cristiani e mussulmani nel periodo delle crociate. Protetto per mille e più anni nel corso della storia dell'uomo, in cui leggi severe venivano applicate a chi uccideva o rubava i piccoli dai nidi, con l'avvento della polvere pirica e la nascita delle riserve di caccia e la conseguente loro gestione, la falconeria avrà una fase decrescente lenta e conclusiva.
Come poter considerare un arte simile senza la presenza del cavallo, entità indispensabile per la vita e l'attività dell'allora cavaliere – falconiere, un animale sempre pronto a sopperire alle necessità dell' esistenza quell'epoca.
I cavalli in generale sono animali intelligenti che imparano ad accettare un volatile che plana su di essi o un falcone che al volo, rapido e repentino si porta ad appollaiare sul pugno del cavaliere, ma vi sono dei cavalli che non accettano il rapace, che si intimoriscono, così dicasi pure di quei cavalli eccessivamente nevrili. La taglia media è di per se un fattore positivo in quanto il cavaliere può montare e smontare da sella con maggiore facilità.

Riferito al Cavallo Siciliano Indigeno, erede dell'antico equus siculo, per il suo passato ancestrale, per l'utilizzo che nei secoli se ne è fatto in questo genere di sport, accetta il rapace ed associa alla sua conformazione elegante, sobria e nell'insieme corretta, un ottimo sviluppo delle masse muscolari, un giusto equilibrio fra l'attitudine e la sua costituzione, un temperamento calmo e nello stesso tempo contenutamene nevrile, un portamento fiero di cavallo nobile e sicuro di sé, impavido a qualsiasi pericolo, con spalle ed anche che si muovono liberamente e con la destrezza e l'abilità di piegar bene i garretti.
Egli assicura tranquillità al cavaliere ed al falcone, in modo da non arrecare danno ad entrambi. Senza dubbio un cavallo equilibrato, di altezza media, 1.55 – 1.58, ricco di energia, di fondo, di velocità necessaria qualora lo si volesse utilizzare per sostenere le fatiche della caccia, ottimo per galoppare attraverso le campagne, di muoversi con destrezza su suoli impervi, di saltare o di superare con facilità gli ostacoli che incontra.
La storia della Sicilia ci dà una immagine chiara ed eclatante della falconeria, terra in cui si sviluppò notevolmente questo tipo di caccia: in questa isola amata dal grande Federico II, il falco sarà addestrato per quest'attività con il cavallo, il quale avrà un ruolo preponderante. L'Imperatore aveva una predilezione per i falchi, congiunta a quella dei cavalli ed importò dal Nord Africa, dalla regione un tempo chiamata Cirenaica molti cavalli ed altrettanti ne fece giungere dal Nord Europa
e li innestò sui cavalli siciliani. Esperto cultore equestre dell'addomesticamento, dell'addestramento, dell'arte e della cura medica veterinaria, li domava non prima dei quattro anni, li preparava per la caccia e per la cavalleria del suo esercito, li voleva di mantello morello o baio scuro e il suo cavallo preferito era un morello.

Il "Tractatus de arti venerandi cum avibus " scritto dal Sovrano è un chiaro esempio di un trattato dottrinale sulla falconeria, ricco d'informazioni scientifiche, d'insegnamenti e di conoscenze.
Resta mitica la capacità di questi energici predatori dell'aria di divenire amici sinceri dell'uomo, fedeli esecutori della sua volontà, simbolo di forza e di potere. Si racconta che Federico amasse un falco fra tanti che ne possedeva e quando il falco prediletto abbatté un'aquila, sommo emblema del potere di un sovrano, ordinò di metterlo a morte per dare un esempio ai suoi sudditi.

Il significato simbolico dei falchi li renderà di incalcolabile valore .
Nel 1336 il Duca di Nevers e dei suoi amici gentiluomini furono fatti prigionieri da Bagaratte nella battaglia di Nicropoli (oggi Emmaus a 11 km. da Gerusalemme) senza alcuna alternativa di riscatto; solo quando furono offerti 12 falchi dal Duca di Bergogna essi furono rilasciati.
In Francia la falconeria fu tenuta sempre in grande considerazione da Carlo Magno e da Francesco I, che aveva ai suoi ordini cinquanta falconieri e trecento falchi.
In Italia fu celebre la falconeria dei Medici a Firenze. In Persia il re manteneva più di ottocento falchi impiegandoli per caccia grossa, selvaggina come cinghiali, antilopi, asini selvatici.

Molte leggende si narrano sui falchi: nel 1500 il Sovrano Carlo V metterà a disposizione degli Ospedalieri l'isola di Malta chiedendo come compenso simbolico annuale un falcone di caccia, di cui l'isola è ricca; l'originale "contratto" darà vita alla leggenda del "falco maltese", dovuto allo smarrimento di un falco d'oro tempestato di gemme, inviato dagli Ospedalieri all'Imperatore per ricambiare il suo gesto.
All'inizio del XX secolo l'atteggiamento dell'uomo verso i falconi appare oramai completamente rovesciata ed il pellegrino ed i suoi parenti, considerati animali nocivi dai cacciatori di selvaggina e dai guardiacaccia, diverranno oggetto di una caccia follemente distruttiva. Dopo la fase discendente, in cui pochi la praticavano, l'Italia ha ripreso fiato, energia, riacquistando molti appassionati e creandosi molte associazioni che praticano questo particolare tipo di sport.
In questa Sicilia dal sole caldo, dai vivi e colorati profumi della natura, terra di falchi che planano e nidificano tra le montagne rocciose possenti e minacciose e di cavalli che, allo stato brado pascolano indisturbati negli ubertosi campi ricchi di essenze erbacee pregiate, la cultura federiciana dell'isola accoglie con diletto il ritorno di un'antica arte, su di una base prettamente zoologica e di pieno rispetto per le leggi della natura.

Oggi la falconeria viene riproposta dall'ENGEA in un aspetto nuovo, prettamente professionale: il rilancio del falcone con il cavallo, come attività di lavoro, come attività professionale del mondo equestre, potendosi così inserire nelle tante sacre e festività che periodicamente si svolgono non solo nell'isola ma in tutto il territorio nazionale.

BENEDETTO SALAMONE di CASALENI
Responsabile ENGEA Provincia di Messina


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