Il camoscio più bello del mondo, definito così per via dei suoi maestosi ornamenti, vive nell’area appenninica centrale…
Si dice estinzione la scomparsa di una determinata specie di organismi viventi.
Le cause principali di una estinzione possono essere diverse: un mutamento improvviso dell'ambiente in cui vive la specie, tanto che gli esemplari non riescono ad adattarsi; la comparsa di una specie concorrente (per il cibo) o di una specie predatrice. I campanelli d'allarme che segnalano il rischio di estinzione di una specie sono due: la diminuzione dello spazio vitale, cioè dei territori e habitat che questa specie occupa, e la diminuzione del numero di esemplari della specie stessa.
Le specie considerate più "fragili" sono quelle più specializzate e che occupano particolari e ristrette nicchie ecologiche, per esempio perché si cibano esclusivamente di un particolare cibo, come il panda, o perché vivono solo su certe particolari isole, come le tartarughe giganti delle isole Galapagos. All'altro estremo, specie onnivore estremamente diffuse e adattabili, come i topi, le mosche, gli scarafaggi e l'uomo, non corrono rischi di estinguersi a meno di eventi straordinari su scala planetaria.
Proprio l’uomo oggi si può considerare una delle più grandi minacce per la maggior parte degli animali considerati a rischio di estinzione.
Fonti WWF sostengono che attualmente nessuno conosce il numero esatto di specie che si estinguono ogni anno, ma si sa che oggi minacciato il 23% dei mammiferi e i 12% degli uccelli. Ogni zona del mondo subisce i danni derivati dalle attività umane.
Proprio per sensibilizzare tutti i nostri lettori (oltre 70.000 ogni mese) abbiamo deciso di pubblicare sul Portale una razza di un nostro amico animale a rischio di estinzione con cadenza settimanale e gli indirizzi delle associazioni che più sono attive per la salvaguardia del pianeta e degli animali come il wwf.it.
Oggi Parlaimo del camoscio d’Abruzzo o camoscio appenninico, un mammifero artiodattilo della sottofamiglia dei Caprini.
Si tratta di una sottospecie di camoscio a sé stante: i camosci appenninici, infatti, sono una popolazione ben distinta cioè sia da quella alpina che da quella pirenaica.
Come intuibile dal nome comune di questi animali, si tratta di animali endemici dell'area appenninica centrale: in particolare, la specie vive quasi esclusivamente in Abruzzo, con una popolazione originaria nel Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise dalla quale sono poi stati fatti prelievi di esemplari da impiegare nell'ambito dei progetti di reintroduzione che hanno coinvolto il Parco nazionale della Majella ed il Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.
Misura fino a 130 cm di lunghezza, per un'altezza al garrese che sfiora gli 80 cm. Il peso non è mai superiore al mezzo quintale. Le femmine hanno generalmente minori dimensioni e forma più slanciata. Si differenzia dalle altre specie di camoscio principalmente per le corna, che pur avendo la caratteristica forma ad uncino sono assai più lunghe (fino a 30 cm ed oltre, contro i 20 cm di media delle altre specie) rispetto a quelle degli altri camosci. Le corna sono perenni come in tutti i Bovidi, ossia non cadono, e presenti in ambedue i sessi.
I camosci d'Abruzzo durante i mesi estivi presenta colorazione rossiccia con le parti ventrali e la testa che sfumano nel giallastro, mentre durante l'inverno il manto estivo muta per lasciare il posto al vello invernale, più lungo e folto e di colore bruno-nerastro su dorso, coda, ventre e zampe, mentre il posteriore, il muso, la fronte e l'area che va dalle guance alle spalle sono di colore giallastro.
Sia d'estate che d'inverno il camoscio d'Abruzzo presenta una caratteristica fascia di pelo scuro che ricopre gli occhi a mo' di mascherina e di una macchia chiara sulla gola, accompagnata da una fascia di colore bruno lungo il collo. Grazie a questi ornamenti, che rendono l'animale un ottimo trofeo, il camoscio d'Abruzzo è stato definito "il camoscio più bello del mondo".
Il camoscio appenninico ha rischiato l'estinzione più volte tra XIX e XX secolo, a causa delle continue uccisioni seguite all’abolizione della Riserva reale dell'Alta Val di Sangro. Tra la fine del 1912 e l’inizio del 1913, su interessamento del deputato Erminio Sipari, del botanico Pietro Romualdo Pirotta e dello zoologo Alessandro Ghigi, l'allora ministro dell’Agricoltura Francesco Saverio Nitti sottopose alla firma del Re un apposito decreto per il divieto di caccia ai camosci, il primo del genere in Italia, al fine di tutelare il «rarissimo ed endemico Camoscio dell’Abruzzo». Immediatamente operativo, il Regio Decreto 9 gennaio 1913, n. 11 venne convertito con Legge 11 maggio 1913, n. 433.
Nel 2007, la popolazione del Camoscio d'Abruzzo ha raggiunto i 2000 esemplari, di cui la metà nel solo Parco Nazionale d'Abruzzo, 600 in quello della Majella e 400 in quello del Gran Sasso. L'incremento medio della popolazione è del 2% circa annuo. Nonostante l'incremento numerico, la specie non è immune al rischio di estinzione in quanto le popolazioni restano isolate e di numero ridotto, il che determina un pool genetico molto limitato.
Allo stato attuale, la legislazione italiana in materia di caccia (Legge 157 dell'11 febbraio 1992), definisce la specie particolarmente protetta e punisce molto severamente a livello penale l'abbattimento, la cattura e la detenzione della specie. Essa prevede l'arresto da 3 mesi ad un anno ed un'ammenda da 1032 euro a 6195 euro, oltre che la revoca della licenza di caccia e divieto di rilascio per 10 anni, divieto che diventa permanente in caso di recidiva.
Le Associazioni di riferimento:
– www.lav.it
– www.enpa.it
– www.abolizionecaccia.it
– www.oipaitalia.org
– www.greenpeace.org
– www.wwf.it
www.wwf.it
wikipedia.it
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