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27 Luglio 2024

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L’endurance 2004 è partita da Leno

La prima tappa della Coppa Italia va a Gaetano Ambrosio, "vecchia" gloria del nostro fondo, con Hassan the King", ma noi cerchiamo di capire, con il conforto dei "big", il perché di tante eliminazioni per zoppia su un percorso discutibile.

A Leno per la 1° tappa della Coppa Italia non ci hanno invitato, ma ricordiamo il Campionato Italiano del 2002. Ricordiamo la valida organizzazione, la disponibilità degli addetti ai lavori, i cancelli veterinari pratici e belli anche da vedere e quest'anno, in occasione della prima tappa della Coppa Italia, gli amici bresciani, ci hanno riferito, si sono superati. E l'endurance ha premiato questa loro disponibilità, questa loro fatica, con un'affluenza record di binomi che il sabato e la domenica, hanno preso il via nelle cinque categorie programmate sulle due giornate. Credo che non si fossero mai visti da noi tanti binomi partecipare ad una manifestazione d' endurance, centosessantasei per l'esattezza, una settantina solo nalla categoria A/T di 66 km. Sono numeri che in Europa solo la Francia può vantare. Ma questo successo va anche accreditato ai nostri dirigenti della Federazione che hanno ben lavorato, supportati dall'entusiasmo dei risultati ottenuti dai nostri giovani all'ultimo Campionati del Mondo dei Pratoni e dal Trofeo FISE-UNIRE dello scorso autunno a Punta Ala, una manifestazione importantissima per seminare endurance e soprattutto cavalli italiani.

Abbiamo detto delle cinque gare in programma, due di velocità, la 120 km., una catg. C**/CEI** e la 87 km. una catg. B, disputate sabato e due debuttanti Agonisti e non, di regolarità ed una A/T di velocità sui 66 km. disputate la domenica.
Ma ogni faccia buona ha il suo risvolto od i suoi risvolti discutibili. Li abbiamo avvertiti dalle telefonate e dalle e-mail che abbiamo ricevute nelle settimane successive all'evento ed anche questo massiccio interesse ci dice quanto sia viva la nostra endurance. Sono appunti importanti, il primo risvolto riguarda il percorso, non in linea nè a margherita, ma impiantato solo su due soli giri identici di 37 e 23 km. con un punto comune presso il "Lago delle sette fontane" che, data la vastità del terreno a disposizione, anche questa volta non è piaciuto, e noi l'avevamo già rilevato e detto al tempo del campionato italiano del 2001, il secondo il tipo di terreno, piatto, piattissimo. A detta dei più e noi ci associamo, assolutamente non adatto per una gara di apertura e per lo più di Coppa Italia perché, prendete la classifica della 120 km. e riscontrerete che, su 41 cavalli partiti, solo 18 si sono classificati e mentre 4 sono stati ritirati (certamente perché non in buone condizioni fisiche), 1, uno solo, è stato eliminato per metabolismo e ben 18 per zoppia. Tra questi ultimi Saba IBN Murad di Massimo Nova e Prineto di Jacopo Di Matteo dopo aver percorso i 120 km. del percorso alla media intorno ai 18 km./ora (media del vincitore 18,882).

Contrariamente si rilevano, ed un solo eliminato per problemi di metabolismo ce lo conferma, gli ottimi rientri di cuore dei cavalli ai cancelli veterinari. E vogliamo mettere in risalto i battiti cardiaci ai tre cancelli veterinari di Birboncella, la cavalla di Carlo Formica, classificatasi al 5° posto nella 120 km ( media 17,605 km.ora) : I° 1.31.50 / 50, II° 2.28.54 / 54, III° 1.44.54 / 54. "Orella y banda!" al cavaliere ed al cavallo, che si è meritata la "best condition". Segno che, mentre i nostri cavalieri sanno oramai usare bene il cardiofrequenzimetro, ancora non sanno gestire altrettanto bene gli arti dei loro cavalli impegnati in un terreno che, anche se in parecchi punti appesantito dai segni lasciati dalla stagione permetteva, alla prima uscita impegnativa, una velocità da …….deserto. Noi siamo del parere che bisognerebbe partire con gare ancora più tecniche e perciò meno veloci, per salvaguardare la meccanica dei cavalli che, come si è visto, è la più difficile da gestire dai guasti contenibili, oltre a quelli dovuti anche alla sfortuna che purtroppo staziona sempre dietro l'angolo.

Guasti e guai che possono condizionare ed addirttura pregiudicare alla prima uscita, dopo un invernata di giusto riposo e tanti sacrifici di preparazione, un'annata ricca di programmi. Percorsi tecnici per abbassare la velocità, per proteggere gli arti del cavallo che oggi si dimostrano, e lo si ricava dalle classifiche, più difficili da gestire dei problemi metabolici, mentre sono altrettanto importanti per giungere in fondo alle gare e far durare un cavallo campione nel tempo. Il rompi e getta oltre ad essere immorale è inconcepibile per un cavaliere di endurance europeo, che conosce quanto sia difficile costruire un cavallo e portarlo alla prima 120 km.
Ma bando alle supposizioni, questi problemi lasciamoli risolvere a quelli che sono più bravi di noi. Abbiamo sentito a proposito di questo rapporto delle eliminazioni, zoppie e metabolismo, Marco Roghi, Gino Origgi e Pietro Moneta.
Il dottor Marco Roghi, cavaliere, veterinario, organizzatore di gare, l'ultimo successo quella dei giovani cavalli di Punta Ala, fondatore e dirigente del centro Katib, allevatore / preparatore di cavalli da endurance e Presidente della Commissione veterinaria nella gara di Leno ci ha detto sui dubbi che ci hanno sottoposto i nostri lettori
"Per la maggior parte si sono verificate lesioni muscolari, seguite da problemi di sferratura, dovute alla velocità ed ai tratti di fango che, a detta dei cavalieri, non erano molti ma "ripetuti" diventavano di alta possibilità lesiva. Il freddo ha poi favorito la evidenza di queste patologie, che, una volta avvenute hanno, proprio nel freddo, un fattore di aggravamento.

I problemi metabolici sembrano essere pochi ma, in realtà, sono coperti dalle zoppie, dato che è più facile, per la giuria, evidenziare la zoppia, oggi accettata da quasi tutti i nostri cavalieri, mentre è ancora complesso far capire ed accettare i due o tre battiti in più o il grado di congestione delle mucose, così, spesso, in presenza di zoppia, i veterinari finiscono per sottolineare gli aspetti locomotori e, nella concitazione del cancello, omettono di parlare del metabolico, salvo nei casi che richiedono un intervento.

Esistono ancor oggi delle situazioni paradossali di persone che non accettano di sentirsi dire che il loro cavallo è zoppo e che, ancor oggi, si difendono dicendo che è la sua andatura naturale. Vorrei garbatamente spiegare a quella elegante signora che a Leno, seccatissima, al limite di intervento della commissione di disciplina, mi ha detto " la smetta dire che il mio cavallo è zoppo", che, quando si partecipa ad una gara di Endurance, bisogna essere disponibili a subire un verdetto dei veterinari, anche se è duro, perché il cavallo può essere inadatto all'endurance per dei problemi (deviazioni agli arti) che lo rendono sensibile e da destinare ad altra disciplina, senza nessun preconcetto e con dispiacere come è mio costume.

Per concludere colgo l'occasione per ringraziare la commissione veterinaria, Greco, Pastorino e Pescò, che ha stilato questo bollettino di guerra, garbata e funzionale, sempre in perfetto accordo, e il dott Ferroni che con la sua taglia forte ha trattato brillantemente i problemi che via via sono intervenuti".
E' la volta di Gino Origgi del Bosana Club, anche lui veternario, cavaliere, allevatore, preparatore e via discorrendo, grande e difficile uomo di cavalli, l'unico che in occasione di un'Equipiacenza ha organizzato una 160 in linea da noi.

"Premesso che purtroppo per impegni di lavoro in azienda non ho potuto assistere alla manifestazione e quindi le mie risposte si basano sull'esperienza personale, sulla conoscenza del percorso, sulla lettura delle classifiche e sulla visita "Post-gara" del lunedì mattina sui 15 cavalli della mia scuderia che hanno partecipato alle categorie basse. – ci dice Gino Origgi – alla gara di Leno i rientri cardiaci sono stati molto buoni perché, a differenza delle scorse manifestazioni, c'era freddo e umido grazie al mese in cui si è svolta. Probabilmente i cavalli viaggiavano a bassi valori di cardiofrequenzimetro e quindi i cavalieri erano più portati a forzare le andature con ovvi maggiori rischi per l'apparato locomotore.

La gara è' stata preceduta da mesi con alta piovosità perciò, probabilmente, c'è stata meno preparazione in campagna e più in maneggio. Oltretutto i cavalli che hanno potuto usufruire di paddok, per forza di cose umidi, si sono ritrovati con i piedi "dolci", cioè inteneriti.
La gara alternava percorsi duri (strade bianche) e tratti molto fangosi (anche campi lavorati) che ovviamente peggioravano ad ogni passaggio. Una gara in linea non avrebbe avuto questo inconveniente!
Diventa perciò, a 18 km/h, una gara molto difficile per l gestione del cavallo, perché non richiede la monta classica da endurance a redini lente, ma un contatto bocca quasi costante unito ad un assetto pronto a seguire ed aiutare il cavallo ad ogni cambio di terreno.
Purtroppo molti dei nostri atleti mancano di tecnica e di attenzione a questi "dettagli". Inoltre, per mentalità, quando ci apprestiamo a partecipare ad una gara su terreno pianeggiante, siamo più attenti ai problemi di rientri che di zoppia, senza valutare la gara nel suo complesso e individuare inusuali difficoltà da tenere in considerazione per la buona riuscita della nostra prestazione sportiva".

Lasciamo la fine della nostra indagine all'ing. Pietro Moneta, fondista "d'antan" tante gare e campionati nel suo palmares e dirigente nazionale negli anni '90. Una ventina d'anni con un gruppo di napoletani tra i quali Gaetano Ambrosio, vincitore della tappa di Leno, Pasquale Capasso e Francesco Morabito, portava a compimento la Tevis Cup americana, dopo 24 ore di terreni impossibili, ma con il cavallo dritto.
" Le gare in piano sono sempre state per definizione gare veloci ma oggi, – dice con entusiasmo e competenza Moneta – con il tasso tecnico raggiunto dai nostri cavalli, sono diventate velocissime: medie di 20 e oltre km/h sono ormai usuali in tutte le categorie, anche le piu' lunghe, con il record sbalorditivo di 7 ore 48 minuti per percorrere 160 km in una gara in Dubai di un paio di anni fa. ( sul tempo non sono sicurissimo, anche se, sono certo, fosse meno di 8 ore). Di riscontro, mi tornano in mente le edizioni della Torino – Milano di 160 km in due giorni di una ventina d'anni fa alle quali ho partecipato, dove il percorso era anche totalmente piatto e i vincitori viaggiavano a meno di 15 km/h!

Poiche' un buon cavallo ben allenato galoppa a 20 e oltre km/h a ritmi cardiaci ben lontani dalla sua soglia aerobica, e' ovvio che il fattore limitante, in una gara in piano disputata con clima fresco, non puo' essere quello metabolico bensi' quello dell'apparato locomotore. E qui entrano in gioco i terreni. Se sono duri il cocktail con la velocita' diventa indubbiamente micidiale per gli arti dei nostri cavalli, mentre la situazione sarebbe completamente diversa se le gare in piano potessero contare su terreni morbidi, come quelli degli argini che costeggiao il fiume Mella in uno dei due anelli del percorso di Leno. Purtroppo l'urbanizzazione del nostro territorio rende molto difficile, particolarmente in pianura, trovare buoni terreni. Questa e' una constatazione. C'e' pero' da rilevare che sempre piu' spesso i nostri organizzatori, per comodità, tendono ad utilizzare le strade cosiddette "bianche" (che quasi sempre sono dure come il cemento armato) che, aggiunte ai chilometri di asfalto, possono creare dei problemi agli arti dei cavalli quando i vecchi regolamenti permettevano di avere non piu' del 10% del percorso di gara su strade carrozzabili (asfalto e strade bianche dure e acciotolate), considerando le strade bianche non idonee come percorso di gara alla stessa stregua dell'asfalto!

Da ultimo, nessun organizzatore sceglie di programmare le gare di categoria A con la formula della regolarita', sicuramente meno divertente per i cavalieri ma che sarebbe l'unica che permetterebbe di ridurre la velocita' e considerando che i cavalli partenti in queste categorie hanno 5 anni, ecco che si aggiunge un ulteriore elemento al gia' micidiale cocktail velocita' – terreno duro: la giovane eta' dei cavalli, con cuore e fiato da vendere, ancora con ossa, tendini e legamenti ancora in formazione. I risultati sono purtroppo evidenti e sotto gli occhi di tutti: i cavalli si "rompono" e non durano".
Più chiaro di così ! Organizzatori, attenti al fondo dei tracciati, il nostro giovane parco cavalli è nelle vostre mani.

Mauro Beta
foto di Oreste Testa


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