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Cavalli a Milano 2011 al di sotto delle aspettative più nere.

Pochissimi visitatori. Espositori e operatori del settore delusi. Un risultato decisamente negativo.

Giovedi i riflettori erano puntati sulla seconda edizione di Cavalli a Milano, una fiera tanto attesa, che, dopo il buon inizio, anzi l’ottimo risultato dell’edizione 2010, non poteva e non doveva venir meno alle aspettative degli espositori e degli operatori del settore.

 

Aspettative che, purtroppo, sono venute meno con la totale delusione di tutti, ad eccezione di chi, in veste di “veggente”, aveva schivato Milano optando per altre manifestazioni come Roma o Verona.
 

In effetti la precedente edizione aveva registrato un risultato tanto positivo quanto difficile da ripetere, forse per una serie di circostanze che avevano fatto in modo che Cavalli a Milano riuscisse nel suo primario intento di lanciare un forte segnale d’allarme a Verona, obiettivo che si era posta sin dall’inizio e pienamente raggiunto, anche con il contributo di molti media, noi compresi.

 

Quest’anno il sentore che le cose non stessero andando per il verso giusto è stato immediato.

Sin dal primo giorno, ancor prima di entrare in fiera, si percepiva una brutta sensazione dovuta a parcheggi deserti e semivuoti ai quali non è abituato chi frequenta Fiera Milano Rho. Nulla a che vedere con i parcheggi vivi e brullicanti di macchine dello scorso anno.

Facile per i visitatori percepire la sensazione di trovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato: un mega polo fieristico ospitava una fieretta di paese, una di quelle alle quali ci si va la domenica con parenti e amici.

 

Prima di entrare in Fiera ricevo la telefonata di un caro amico, Gianmaria Cattafesta, imprenditore e architetto, uomo di cultura e di buon gusto, per darci appuntamento. “Sto per arrivare in fiera – mi dice – la vedo da lontano è bellissima, caspita è proprio una struttura fantastica, tecnologica e futuristica. Certo che se Cavalli a Milano dovesse prendere piede in questo mega polo la vedo davvero dura per le altre fiere”.

Ovviamente un architetto non può che immaginare così una manifestazione che si svolge in uno dei più nuovi e grandi poli fieristici del nostro Paese.

Ma poi aggiunge anche: “Che strano però, i parcheggi sono vuoti, come se non ci fosse nessuno, non lo so, forse ho sbagliato qualcosa, forse la gente arriverà domani, ci vediamo tra mezz’ora”.


Dopo quella telefonata ho avuto modo di riflettere su quello che mi diceva Gianmaria.
Milano è uno dei poli fieristici più belli d’Europa, fa respirare l’aria del futuro. Entrare in fiera a Milano è come proiettarsi di colpo avanti di 50 anni.
 

Ma questo è quello che cercano e che vogliono gli appassionati di cavalli? Quelli che vanno veramente a cavallo, quelli che prendono in mano il cuoio e ingrassano selle e finimenti, quelli che non si fanno problemi a spalare la merda, quelli che con la stessa disinvoltura con cui indossano abiti e stivali strafighi mangiano un panino con salame, salamelle e bevono birra o un buon bicchiere di vino? Siamo sicuri che queste persone si identificano e si trovano bene in un polo iper tecnologico?
 

Non lo so, io sono un designer, un pubblicitario. So che se scelgo un colore rosa pastello per una campagna food, lo stesso colore non potrò accostarlo a un’azienda di meccanica o a una acciaieria.

 

Ci sono delle cose che si devono collocare nel modo e nel posto giusto.
Difficilmente riesco ad avvicinare chi ama il cavallo, la natura, il verde e i sapori a una struttura moderna, fredda, tecnologica e futuristica.

 

Credo, anzi sono convinto, che si accostino meglio alla storica e centenaria Fiera di Verona, con i suoi padiglioni un po’ retrò, i suoi piazzali dove i profumi delle cucine dei butteri si mischiano ai wurstel del Trentino e al buon vino e dove non manca tutta l’Italia a cavallo, tutte le razze belle e brutte, gli indiani, i cowboy veri e falsi. Insomma dove tutto si mescola tra cultura e spettacolo.
 

Forse Milano è meglio lasciarla alla moda, all’arredamento, alla tecnologia o alla salute. Questi settori, certamente ci sguazzano perfettamente in quel “megaiperpolo”. Noi cavallari no.

 

Eccoci in Fiera, subito un caffè con Gianmaria. “Non c’è nessuno” commentano tutti.
In effetti non c’era proprio nessuno e la fiera è decisamente più povera rispetto alla prima edizione. Chi potrebbe dimenticare l’estetica curata e pulita dello scorso anno?
 

Una fiera deserta oppure disertata?

 

La stessa sorte del giovedi è purtroppo toccata anche al venerdi e al sabato, solo la domenica qualche visitatore in più ma troppo poco, troppo poco per rimediare al flop dei giorni precedenti.
I padiglioni 13 e 15 sono stati i più penalizzati.
 

La manifestazione ha registrato, nei quattro giorni di fiera, dati fortemente negativi: il calo drammatico dei visitatori, la mancanza di scambi B2B e la scarsa, quasi nulla vendita delle sellerie, che, vittime dei pochi visitatori non hanno potuto fare cassetto.
 

Tuttavia bisogna dare atto che sul piano organizzativo degli eventi sportivi e agonistici, le cose sono andate un po’ meglio, ottimo il concorso di dressage e il salto ostacoli.


Non è certo questa la sede per trovare o capire le ragioni dell'insuccesso, gli organizzatori avranno già fatto le loro valutazioni.

Sono però sicuro che non ci si debba nascondere dietro lo spettro della crisi economica, una crisi che oramai ci colpisce da tanti anni e che c'era anche lo scorso anno quando la fiera ha riscosso molti applausi.

Oltretutto sempre quest'anno RomaCavalli ha riscosso un discreto successo passando dagli oltre 60.000 visitatori del 2010 agli oltre 90.000 di quest'anno.

La fiera non è un gioco, è un costo per tutti, visitatori ed espositori e va gestita professionalmente.

 

Giovanni Origgi


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