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Emilio Bicocchi & Ares, feeling perfetto

Bicocchi guida gli azzurri nella Furusiyya FEI Nations Cup presented
by Longines

Ai campionati italiani di Arezzo ha messo tutti in fila con il suo Ares e poi è andato a vincere il Gran Premio di Mannhein in casa dei tedeschi.


Emilio Bicocchi, 39 anni, toscano di Massa Marittima, domani è chiamato a un’altra impresa di questo 2016. Guidare gli azzurri nella Furusiyya FEI Nations Cup™ presented by Longines. “Che dire? Sono pronto, la squadra è buona, compagni magnifici e di sicuro seguiremo il consiglio del nostro presidente Vittorio Orlandi: mai mollare fino all’ultimo ostacolo”.


Anche in onore al fascino di Piazza di Siena.
“In giro per il mondo ci sono tanti concorsi di qualità. Penso a Calgary. Ma Piazza di Siena è un mix importante di qualità e storia del concorso e del contorno. Montare qui ti da sempre una adrenalina pazzesca a prescindere se entri in questo ovale per la prima volta oppure se lo conosci a memoria. Qui non si vince per caso”.
Ricorda il suo primo concorso internazionale. Era a Vichy.


“Avevo 13 anni. Il mio cavallo si chiamava Inedito del Terriccio. Mi fu regalato per la cresima dall’allevatore e proprietario Gian Annibale Rossi di Medelana. Cominciai con lui visto che a differenza di molti non ho mai gareggiato con un pony. Oggi lo fanno un po’ tutti è una palestra importante e fondamentale per la crescita di un ragazzo. Ai miei tempi non era così diffuso cominciare con i pony. Ricordo tanta emozione, anche paura ma poi compresi che quando sei sul tracciato tutto il contorno non esiste, non senti nessuno. Sei tu e il cavallo. Siamo soli con quelle barriere davanti. Una, due, tre non pensi e poi come in un sogno ti svegli. Sei al traguardo, hai finito. Dai una carezza al tuo compagno”.


Il Bicocchi uomo?
“Sono marito di Nadia che mi segue in moltissimi concorsi e papà di Giuseppe. Ha sette anni e per il momento nessuna passione per i cavalli. Ma sono un padre che lascia e lascerà fare la propria strada ai figli. Se monterà va bene altrimenti avrà un altro futuro”.
Torniamo ai cavalli. Un bel giorno arrivò Kapitol d’Argonne.


“Con lui ho fatto grandi cose. Due campionati del mondo ad Aquisgrana nel 2006 e a Lexington nel 2010 e la vittoria agli assoluti a Bagnaia nel 2009. Un grande cavallo”.
Ma ora c’è Ares. Binomio perfetto?


“Un cavallo bravissimo di grande classe e temperamento. Ora ha dieci anni e vedo un miglioramento continuo. In lui e nel nostro affiatamento. Adesso a Piazza di Siena l’esame di laurea. Non trovo punti deboli, è forte e con un carattere stupendo. Riposa bene, spesso sdraiato, insomma ci conosciamo perfettamente io e lui”.
Cosa chiede un cavaliere al suo cavallo?


“Proprio quello che dicevo. Che sia sereno e che faccia bene le cose che sa fare che ha appreso in allenamento”.
E un cavallo a un cavaliere?


“Il morale e la psicologia sono fondamentali per poi avere risultati. Un cavallo ha bisogno di carezze, di sentire le mani dell’uomo. Questo è un modo infallibile per apprezzare la sua muscolatura se è tutto a posto a livello di arti, se non ci sono contratture, il calore degli arti, insomma se è pronto per prove di altissimo livello per sopportare una gran fatica.


Il cavallo non è una macchina che si accende e si spegne a comando. Altro aspetto che mi piace curare è l’aspetto psicologico. Con me il cavallo passa poco tempo nel box. Almeno quattro uscite al giorno alternando sedute di lavoro ad altre di passeggiate o a pascolare in assoluta tranquillità. ecco, quando l’uomo si avvicina e apre il box il cavallo deve capire che non è detto che è l’ora di faticare, ma può essere il momento di una bella mangiata”.
E Ares ha fatto tutto questo a ridosso di Piazza di Siena?


“E’ riposato ma sento che ha una gran carica dentro, ha voglia di sfogare tutta la sua potenza. Le premesse ci sono no?”.  

CSIO Piazza di Siena


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