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26 Luglio 2024

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Il Cocchio da Guerra del Primo Imperatore Cinese

Alla scoperta del carro militare imperiale del celebre Esercito di Terracotta con Emanuela Brumana del GIA (Gruppo Italiano Attacchi)

Nel marzo del 1974, un contadino di nome Yang Zhifa rinvenne, durante lo scavo di un pozzo, nella provincia di Shaanxi, delle fosse sepolcrali contenenti statue in terracotta di soldati in armi alcuni con carri e cavalli. Il fortuito rinvenimento dette origine agli scavi che permisero di ritrovare il mausoleo dell’imperatore Chi Huangdi, sino ad allora ritenuto scomparso, e, oggi, conosciuto in tutto il mondo come l’Esercito di Terracotta. Nel 1987, l’intero sito del mausoleo, in gran parte ancora da scoprire, venne inserito nell’elenco dei Patrimoni dell’umanità dell’UNESCO.
 
L’esercito,composto da riproduzioni di guerrieri in terracotta vestiti con corazze in pietra e dotati di armi, era posto di guardia alla tomba dell’imperatore.
 
Sono state riportate alla luce circa 8000 statue di guerrieri,18 carri e 100 cavalli.
 
Di fatto una replica fedele dall’armata che aveva contribuito a unificare la Cina.
 
Tuttavia, nelle fosse furono trovate poche armi, furono saccheggiate dai ribelli che si insediarono sul trono imperiale: la dinastia Han. Dalle posizioni delle mani e del corpo delle statue, si possono immaginare le tecniche di combattimento di fanti, alabardieri, arcieri e balestrieri e le tecniche di guida dei soldati sui carri, nonché le caratteristiche dei complessi finimenti.
 
Va ricordato che si combatteva soprattutto a piedi: i carri ed i cavalli servivano per dirigere i movimenti della fanteria. La cavalleria fu introdotta più tardi, per affrontare i guerrieri nomadi che in battaglia, per primi, avevano utilizzato i cavalli.
 
Il popolo Qin imparò a produrre e utilizzare i cocchi e i carri attraverso i contatti con le popolazioni nomadi e dalle dinastia precedenti.
 
COCCHI E CARRI
La Sala Esposizioni dei Cocchi di Bronzo di Qinling aprì al pubblico il primo ottobre 1983. I due cocchi di bronzo esposti erano stati rinvenuti a 20 metri dall’ingresso ovest della Tomba dell’imperatore Chi Huangdi nel dicembre del 1980 e vennero accuratamente restaurati prima di essere esposti.
 
I cocchi, così ben fatti e così vividi, uno guidato da un guerriero con parasole e l’altro con carro coperto, vantano di essere il reperto storico in bronzo di livello più alto riportato alla luce in Cina e il meglio conservato; sono il reperto in bronzo più grande che sia mai stato trovato al mondo. 
 
Sono costituiti da circa 3400 pezzi ciascuno, molti dei quali sono ornamenti in oro ed argento. Sulle superfici si trovano oltre 100 decorazioni uniche, specialmente in forme geometriche e floreali.
 
Nel sepolcro i cocchi dovevano servire da veicolo per i viaggi di ispezione dell’imperatore nella sua vita ultraterrena. Cocchieri armati di spade e archi ne sono alla guida. Altri guerrieri custodiscono i carri da entrambi i lati.
 
Sicuramente altri carri facevano parte dell’esercito nelle fosse sepolcrali, si presume che fossero oltre cento. Purtroppo il legno si decompose con il passare dei secoli così come tutte le parti in cuoio e pelle.
 
Antichi testi documentano che presso il popolo Qin i carri attaccati a 2 o 4 cavalli erano a due ruote con i raggi in legno, una cassa appoggiata su un assale e con un timone orizzontale. I carri erano già in uso per attività quotidiane e per la caccia, ed erano attaccati anche a muli, asini e buoi e solo più tardi, vennero sviluppati per le attività militari.
 
I membri privilegiati della società Qin guidavano cocchi lussuosi a quattro cavalli, finemente decorati e ornati con campanelle.
 
I cocchi in bronzo in esposizione riproducono la tipologia di quelli appartenuti all’imperatore, quindi attaccati a quattro cavalli, vestiti con finimenti pregiati, decorati con metalli preziosi.
 
COCCHIO N°1
Attaccato a quattro cavalli, il cocchio n°1 ben rappresenta i carri militari imperiali. E’ a due ruote, con timone sostenuto anteriormente da una barra con due forcelle poggiate sui colli dei due cavalli centrali, poco avanti il garrese.
 
La cassa è a base rettangolare, posizionata direttamente sull’assale senza sospensioni, le sponde sono variamente dipinte con motivi geometrici su tutti i lati e per tutta la lunghezza, salvo una parte centrale posteriore mancante per facilitare la salita e la discesa del cocchiere. In alto, sulle due sponde laterali, sono posizionati parafanghi orizzontali, sovrastanti le ruote. Tra la sponda laterale di sinistra e la ruota trova spazio la faretra per le frecce. Le ruote sono di buon diametro a 30 raggi, d’altezza pari alla groppa del cavallo. Esternamente alla sponda anteriore sono collocate le armi (un arco e una spada) ed un gancio centrale al quale è fissata una delle tre redini lunghe.
 
Si può affermare, osservando le dimensioni del cocchio imperiale principale, il n° 1, (lungo 2,25 mt e alto 1,06 mt, mentre i cavalli variano da 65 cm a 67 cm di altezza e 120 cm di lunghezza) che si tratta di una riproduzione in scala al 50% dei carri originari, il cui peso e di ben 1234 Kg.
 
COCCHIERE
Il cocchio è guidato da un cocchiere protetto da un alto e ampio parasole. In battaglia alcuni cocchieri guidavano l’avanzata di truppe e cavalleria, mentre contemporaneamente altri carri combattevano autonomamente e questo è dimostrato dalle armi e dal tipo di abiti indossati dotati di protezioni.
 
Il cocchiere, redini in mano, ha capelli raccolti in un chignon sulla parte alta della testa, anche protetta da un copricapo, tipico delle personalità di alto rango, sostenuto da fiocchi o spille.
 
Come tutti i guerrieri, indossa una tunica corazzata che protegge petto, spalle e schiena. Ma, come si nota anche qui, i cocchieri erano dotati di protezioni anche alle braccia e alle mani usate per la guida dei cavalli; inoltre indossa anche un collare per proteggere il collo. Porta una lunga spada e uno scudo, una balestra e una faretra, che sono appese ai lati del cocchio per ulteriore difesa.
 
FINIMENTI
Le briglie composte da frontale, testiera, sottogola, museruola, montanti, non presentano paraocchi, né barbozzale. Sono finemente decorate con metalli preziosi.
 
Il morso è snodato al centro con un occhiello ad ogni estremità esterna. Ad ogni occhiello è collegata una redine che viene trattenuta in posizione da una spina in osso ivi infilato.
 
Tre redini sono lunghe con le due estremità attaccate a due occhielli del morso. La parte centrale di due di queste redini passa nelle mani del cocchiere e da questi è manovrata per la guida. La terza redine lunga, nella parte sua centrale, è annodata ad un gancio fissato a metà della sponda anteriore del cocchio. Ci sono anche due redini di mezza lunghezza, rispetto alle precedenti, ciascuna attaccata ad un solo occhiello del morso, che terminano nelle mani del cocchiere. Il tiro del cocchio avveniva mediante quattro tirelle, una per ogni cavallo. I due cavalli esterni tiravano con una tirella per ciascuno, la cui estremità era attaccata all’assale sotto la cassa, mentre, anteriormente, disponeva di un largo occhiello attorno al collo del cavallo. I due cavalli interni tiravano con una tirella per ciascuno, la cui estremità posteriore era attaccata al timone, mentre, anteriormente, era attaccata alla forcella della barra di sostegno del timone. L’attacco delle redini e la loro funzione è chiaramente evidenziata nell’immagine sottostante.
 
ORNAMENTI
La barra con forcelle, che andavano poggiate sui colli dei due cavalli centrali, aveva la funzione primaria di sostenere il timone, ma sicuramente veniva utilizzata anche per ornare ed impreziosire il cocchio. Si nota che la superficie del metallo è finemente lavorata con disegni geometrici. Parti della barra erano in metallo pregiato impreziosito da pietre incastonate.
 
I cocchi, di fatto, non erano solo mezzi militari, ma anche espressione di uno status sociale, in questo caso imperiale.
 
Sulla barra erano posizionate delle campanelle, in bronzo che contengono pezzi di metallo per produrre differenti suoni.
 
I militari Qin usavano campane e tamburi sul campo di battaglia per segnalare comandi e formazioni. Diverse parti della campana producono un tono distinto quando colpite. Comandi diversi per fermarsi, ritirarsi o cessare il fuoco erano trasmessi a seconda di dove e di quante volte veniva colpita la campana e del tipo di suono emesso.
 
UNO STRANO ATTREZZO
Il nome e la funzione di questo oggetto sono incerti. L’interpretazione più recente e credibile asserisce che un cocchiere guerriero potrebbe aver indossato un attrezzo simile alla vita, sul lato destro, come passaredini, e principalmente serviva per legarvi velocemente le redini, quando servivano le mani libere per svolgere altre funzioni, specie in battaglia.
 
Testo e ricerca fotografica di Emanuela Brumana.

GIA – Notiziario 1/2018


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