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In questo numero di Hyppocampo… "Salvo grazie ai cavalli" di Paola Ferazzoli

Tratto da "Hippocampo" n.3, marzo 2009

"Stavo molto male. Mia madre mi ha convinto ad andare in comunità facendo leva sul fatto che Sanpa avesse dei cavalli fantastici”. Sono parole di Francesco Carbone, responsabile delle scuderie nella struttura fondata da Vincenzo Muccioli e diretta dal figlio Andrea, che spiega come la tossicodipendenza sia una frattura nel percorso educativo e formativo dei ragazzi. I cavalli possono essere uno strumento straordinario per uscire dalla droga, grazie al rapporto affettivo e di scambio che si crea con chi si prende cura di loro."

Già dalla strada si vedono colline con vigneti e uliveti fantastici. Verde, sole, pace. È in mezzo a questa pace che scorgiamo la comunità di recupero di San Patrignano, un po’ nascosta e un po’ no, in mezzo alle colline riminesi. Ci avviciniamo ancora: la struttura si fa più grande. Il posto sembra finto, quasi perfetto. Sono loro gli autori di tanta perfezione: i ragazzi di Sanpa, che ci accolgono con sorrisi e gentilezze. L’occhio va ai cavalli che pascolano tranquilli sotto gli uliveti. Chiediamo subito di andare nelle scuderie: le famose scuderie di Sanpa, che tanto hanno vinto nella storia del salto a ostacoli e che hanno la possibilità di avere a disposizione un impianto pazzesco: campo gara, campo coperto, spazi verdi, scuderie all’avanguardia. E’ grazie a questo che riescono ad organizzare ogni anno a luglio un concorso tra i più premiati del mondo. L’ufficio stampa della comunità, Carlo Bozzo, ci indica colui che ci guiderà nella ricognizione della struttura ma noi restiamo affascinati da lui e, il nostro viaggio, iniziato per visitare le scuderie della comunità, diventa la conoscenza di una persona con una storia che da subito ci cattura, quella di Francesco Carbone, 42 anni, responsabile, insieme ad altri ragazzi, delle scuderie di Sanpa e particolarmente impegnato nell’allevamento.

Quante altre persone lavorano in scuderia con te?
Insieme a me ci sono altri tre allevatori e una ventina di ragazzi. L’allevamento di San Patrignano nel corso dei suoi anni di attività ha fatto emergere grandi cavalli.

Quando sei arrivato eri a conoscenza di questo?
Si, è stato un grosso movente per portarmi a Sanpa. Come tanti altri ragazzi, io sono venuto qui per problemi legati alla tossicopendenza, però sono sempre stato appassionato di cavalli, a casa dei miei gestivo un centro ippico.

Da dove vieni?
Sono genovese, però gestivo il centro ippico di mia madre in Piemonte, alle pendici del Monferrato. La mia famiglia ha sempre avuto cavalli, quindi è sempre stata una grossa passione per me.

Quando sei arrivato a San Patrignano?
Sono arrivato all’inizio del 1991 e Sanpa era già una grossissima realtà a livello sia allevatoriale che agonistico. Avevamo già un certo numero di cavalli purosangue che correvano in pista ed era uno dei più grossi allevamenti di cavalli purosangue d’Italia.

Francesco tu sei arrivato nel ’91 con problemi legati all’eroina?
Sì, è stata l’esca grazie alla quale mia mamma mi ha portato in comunità, nel senso che era già conosciuta per i risultati agonistici dei cavalieri internazionali e nazionali di salto a ostacoli e quindi sono stato motivato. Chiaramente il discorso di fondo era un altro, però io a quei tempi avevo bisogno di stimoli. Avevo bisogno di “agganci” per poter motivare il mio percorso.

Certo, quindi alla fine è stato il prestigio della scuderia a convincerti?
Avevamo già fatto un colloquio a Genova in un’altra comunità ma non ne avevo voluto sapere, ero stato lì un pomeriggio dopodiché ero tornato a casa mia a continuare la mia vita di sempre.

Al momento dell’ingresso in comunità hai dovuto fare prima un altro percorso o sei andato subito in scuderia?
No, sono entrato subito in scuderia.. Devo dire però che è stata una cosa casuale perché l’entrata dei ragazzi in comunità è dettata dalla possibilità di essere seguiti attraverso un percorso graduale. La mia è stata una fortuna che probabilmente mi ha salvato la vita.

Come ti sei trovato?
Bene, molto bene. Chiaramente è una grande scuderia, oltretutto c’erano centinaia e centinaia di cavalli, concorsi internazionali, cavalieri internazionali, ci sentivamo molto responsabilizzati, parte di un progetto importantissimo.
La passione per i cavalli ti ha aiutato nel tuo percorso…
SÌ, senz’altro. Molto probabilmente se non ci fosse stato posto in scuderia sarei tornato a casa mia, avrei sbattuto ancora il muso un’altra volta. L’importante era risolvere i miei problemi e l’ambiente con gli altri ragazzi mi ha aiutato molto.

Il cavallo ha una capacità diversa di comunicazione per i ragazzi che come te hanno avuto un problema di questo tipo?
Per la mia esperienza il cavallo ha un rapporto particolare con gli uomini perché è un animale domestico ma non è il classico cane che trasmette dei sentimenti in maniera molto più diretta. Il cavallo è molto più silenzioso, bisogna capirlo. Per noi era importante capire che questo animale dipendeva da noi. Aveva bisogno di noi, bisognava pulirlo, accudirlo, fargli il box, dargli da mangiare .. se non c’eravamo noi non poteva mangiare da solo…

Tu quando sei entrato l’hai capito subito…
C’è tutta una serie di passaggi, ci sono i turni in scuderia, il servizio in sala da pranzo, il rapporto con gli altri ragazzi .. io da questo punto di vista non ho avuto problemi, magari ho avuto più problemi sotto l’aspetto relazionale, con le altre persone. Molto più facile con i cavalli…

Sanpa organizza da molti anni il Challenge Vincenzo Muccioli, più volte premiato come miglior concorso italiano. I ragazzi che lavorano con voi tutto l’anno come vivono quest’esperienza?
Sono responsabilizzati e gratificati. È comunque tra i primi tre concorsi al mondo come organizzazione. Nel 2005 abbiamo organizzato gli Europei. Siamo sempre sommersi di complimenti dai groom, dai cavalieri. Sono stupefatti da come vengono accolti con garbo, gentilezza, amicizia. Tanti ci dicono che è una manifestazione riuscitissima, alla pari di molte altre che organizziamo, e tutto per merito dei ragazzi. Quei ragazzi che fino al giorno prima di entrare in comunità non valevano una lira. Scippatori, ladri… ne abbiamo fatte di tutti i colori… Qui abbiamo avuto la possibilità di riscattarci, di confrontarci con la vita.

Possiamo dire che nel tuo percorso i cavalli sono stati fondamentali per la tua riabilitazione alla vita?
Sono stati fondamentali tanto quanto il contatto umano che ho ricevuto qui. Queste sono cose che ho capito dopo. Sì, ho collaborato con i migliori cavalieri del mondo. Abbiamo vinto Mondiali, Olimpiadi. Per due anni e mezzo siamo stati la più importante scuderia del mondo a livello di salto ostacoli e questa è una esperienza indimenticabile, però se non ci fossero stati i ragazzi… Il gruppo di persone che ho conosciuto e con il quale ho imparato a confrontarmi, a discutere, a volte litigare… a crescere. Io sono entrato molto giovane, avevo 23 anni e avevo bisogno di crescere.

Un ultima cosa. Uno dei più grandi sostenitori dei cavalli a Sanpa è stato Vincenzo Muccioli…
È stato tra i primi a capire che c’era qualcosa al di là del rapporto muto tra l’uomo e il cavallo. Me lo ricordo quando veniva alle sei del mattino in scuderia e magari non lo vedevi, ma si fermava a guardarci mentre lavoravamo con i cavalli, ed era quasi come affascinato dal rapporto che c’era tra noi, rovinati dalla vita, che ne avevamo passate di tutti i colori, che a contatto con questo animale riassumevamo un certo grado di tenerezza. Proprio Vincenzo Muccioli, pochi giorni prima che avessi la possibilità di tornare a casa, mi ha proposto di fare il responsabile dell’allevamento. Io, lì per lì, gli risposi che avrei dovuto decidere assieme ai miei genitori. Ma il dubbio è stato breve e la mia decisione mi ha aperto degli scenari interessantissimi. Ho cominciato a girare per l’Europa, un bel periodo. I miei sono stati contenti soprattutto della tranquillità e della serenità delle mie scelte, avrei potuto affrontare qualsiasi percorso, una volta ritrovato me stesso.

Paola Ferazzoli
Tratto da "Hippocampo" n.3, marzo 2009


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