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La Victoria di Vittorio Emanuele II

La storia e il restauro della carrozza del Gran Re d’Italia.
Articolo di Marco Lattanzi e Matteo Rossi Doria. Photo credits: Matteo Rossi Doria, Roma. Foto SGPR, Antonio Idini, Roma

A differenza della collezione delle carrozze papali ancora custodite in Vaticano, nella raccolta dei legni sabaudi ora in dotazione alla Presidenza della Repubblica figurano solo due carri realizzati dalla ditta romana dei Fratelli Casalini. Si tratta di due splendidi esemplari di Victoria che attualmente si possono ammirare presso la Tenuta di Castelporziano che appartenevano entrambe al Gran Re d'Italia Vittorio Emanuele II.

 

L'attuale collezione presidenziale rispecchia il gusto e le scelte operate in gran parte da Umberto I in quanto, come sappiamo, negli anni successivi al 1878 la politica degli acquisti della Real Casa per opera del Grande Scudiere del Re, privilegia le ditte Cesare Sala di Milano e Carlo Ferretti di Roma e tale impostazione continua durante i primi due decenni del regno di Vittorio Emanuele III.

 

Viceversa nei primi anni di Roma Capitale, il Re predilige acquisire carrozze dai più rinomati carrozzieri italiani tanto che nella rimesse sabaude erano presenti i nomi dei più raffinati artigiani produttori di legni alla moda. Naturalmente anche i Casalini erano fra questi e negli inventari post 1870 figurano pù di venti carri che facevano parte della dotazione reale.

 

Queste carrozze sono state tutte dismesse dopo la morte di Vittorio Emanuele tranne le Victoria in quanto queste erano i carri particolarmente amati dal primo re d'Italia. In una nota manoscritta riportata sull'inventario del 1882 leggiamo infatti che queste "erano le carrozze di cui abitualmente si serviva il Gran Re Vittorio Emanuele II" e l'esemplare qui presentato "fu l'ultima adoprata in Roma avanti la sua morte".

 

Le cronache e le biografie sul re rilevano tutte che il sovrano, la mattina del 5 gennaio del 1878, avvertendo l'approssimarsi della malattia che avrebbe portato in breve alla sua morte, volle uscire in carrozza "per scuotere – egli disse – il malessere che mi sento" e "più tardi disse di voler dormire, perchè si sentiva stanco. Nelle ore pomeridiane, nel destarsi, il Re fu assalito dalla febbre…".

 

La carrozza è quindi legata profondamente alla vita e al destino di Vittorio Emanuele II. L'importanza della carrozza nell'insieme della collezione reale è testimoniata dalla riproduzione fotografica che Giuseppe Alvino e Alessio Campa inseriscono nello splendido volume con stampe all'albumina donato al re Umberto I nel 1885 e che raffigura i più prestigiosi esemplari di carrozze conservate a quella data nelle Scuderie fiorentine di Porta Romana alla Pace. L'immagine della carrozza è corredata dalla scritta "Polacca Vittorio Emanuele II" che indica la particolare denominazione del carro che negli antichi inventari viene anche ricordata come "Polonese".

 

A restauro terminato si comprende molto bene il perchè la carrozza fosse così amata dal re e celebrata quale pezzo unico della collezione: la squisita fattura del legno emerge in modo evidente e la pone fra gli esemplari più importanti del patrimonio di carri della Presidenza della Repubblica.

 

Il disegno della carrozza è caratterizzato dal profilo dei lunghi parafanghi laterali uniti al montatoio centrale che collegano la parte anteriore e posteriore. La forma della cassa è simile a quella a barca anche se interrotta; essa è costituita da un rivestimento di fasciame di abete su uno scheletro di rovere all'interno del quale è ricavata la seduta e il vano sottosedile. Il mantice è costituito da uno scheletro ligneo in pioppo rinforzato da elementi metallici sia lungo le centinature che ai vertici in corrispondenza dell'elemento di fulcro. Le distanze fra le singole centine erano regolate da piccoli cordini e strisce di tela di canapa. Una tela di cotone era posta come strato di interposizione dal rivestimento interno e quello in cuoio esterno. Il mantice era formato da porzioni di cuoio cucite sostenute da staffe metalliche a compasso atte ad agevolare l'apertura/chiusura e bloccare/fermare quando completamente esteso. Il palco del cocchiere, provvisto di parafango anteriore e di un sistema frenante a manovella, presenta un piccolo vano sottosedile.

 

Il telaio è composto da elementi lignei di rovere e rinforzi e parti metalliche, sia in ferro che acciaio. La cassa è sospesa sulle molle ellittiche di acciaio in corrispondenza delle ruote con la presenza di una balestra singola centrale nella parte posteriore. Le molle posteriori sono interrotte. Dai timbri impressi sugli assali si deduce che la fornitura era di ditte specializzate di Parigi confermando l'ipotesi che molte ditte costruttrici si avvalessero di fornitori stranieri per alcuni specifici pezzi.

 

IL RESTAURO

 

Dal recupero, presso depositi nella Tenuta di Castelporziano, al restauro di uno dei due Victoria della ditta Casalini sono trascorsi undici anni. Un decennio, durante il quale, la Presidenza della Repubblica, per la più bella e ricca Collezione italiana, ha posto in essere un programma di conservazione razionale e moderno.

 

Di fronte alla necessità di recuperare l'intera collezione di veicoli storici della Presidenza della Repubblica, composta da 105 legni e da centinaia di finimenti e altri oggetti, si è preferito definire un metodo e un approccio che tenesse conto delle priorità e delle compatibilità logistiche ed economiche. Sono stati identificati i passaggi cruciali e posto le priorità legate all'allestimento e agli ambienti museali, alla lotta contro gli insetti, alle necessarie e continue movimentazioni e alla definizione di protocolli di conservazione preventiva e manutenzione programmata.

 

La campagna di restauro ha preso avvio nel 2006 con il lungo e complesso intervento sulle quattro berline di Gran Gala, probabilmente le carrozze più belle in Italia. Negli anni successivi sono stati restaurati altri 25 legni seguendo criteri di priorità legati essenzialmente al pregio e all'esposizione.

 

Le metodiche di restauro si sono orientate ad un approccio assolutamente conservativo, evitando, per quanto possibile, rifacimenti, ridipinture e modifiche che potessero alterare la testimonianza artistica e storica di questi complessi manufatti. Partendo da questi presupposti si è affrontato il restauro della Victoria Casalini.

 

Le condizioni conservative erano molto problematiche per l'avanzato stato di degrado dovuto al lungo periodo di abbandono e al collasso di molte parti strutturali. Il cedimento del mantice e la perdita dei rivestimenti originali erano gli elementi più evidenti. Ad essi si sommavano la perdita e la fragilità della decorazione, l'alterazione delle vernici protettive, i danni prodotti dagli insetti, l'ossidazione della parti metalliche, il degrado dei rivestimenti in cuoio.

 

L'intervento ha preso avvio dalla disinfestazione ed è proseguito con le fasi di consolidamento sia della decorazione che delle strutture lignee interessate da cedimenti e spaccature. Le lunghe fasi della pulitura hanno consentito il pieno recupero della bella cromia originale impostata su toni di blu più freddi e intensi a differenza della quasi totalità della carrozze sabaude. L'analisi della stratificazione della decorazione ci ha permesso di identificare livelli di intensità cromatica diversa volute per ottenere tonalità scure, trasparenti e vibranti. Alla pulitura sono seguite le fasi di reintegrazione pittorica condotte secondo gli stessi criteri deontologici del trattamento dei dipinti su tavola. Le riprese pittoriche, fatta eccezione per alcuni elementi, sono state eseguite solo sulle aree danneggiate utilizzando materiali facilmente reversibili.

 

Il restauro dei rivestimenti in cuoio dei parafanghi ha previsto l'eliminazione o riduzione delle concrezioni della superficie dovuti alla grave alterazione di lubrificanti applicati in passato.

 

Questa azione, ottenuta con lunghi impacchi di solventi aromatici e una laboriosa azione meccanica, ha recuperato la tessitura materica originale facilitando le successive fasi di risarcimento delle porzioni mancanti e ricostruzione dei profili originali. Le fasi conclusive hanno affrontato il problema del rifacimento del mantice in cuoio, del complesso restauro della struttura lignea originale e dei rivestimenti interni della carrozza.

 

Le soluzioni adottate sono il frutto di un lavoro di coordinamento fra figure artigianali diverse, della scelta di materiali idonei e compatibili con le istanze materiche originali e della ricerca di un equilibrio al fine di proporre una lettura piena dei profili e volumi originali senza ricercare il falso o il finto antico.

Articolo di Marco Lattanzi e Matteo Rossi Doria

Photo credits: Matteo Rossi Doria, Roma. Foto SGPR, Antonio Idini, Roma

Notiziario del Gruppo Italiano Attacchi
Nr. 1 | Gennaio – Febbraio 2015


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