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La monta western è proprio un tabù se rivolta a persone con disabilità?

La sua versatilità e la facilità con cui ci si avvicina, fanno sì che possa essere utilizzata nelle finalità di riabilitazione equestre

In questi ultimi anni la diffusione dell’equitazione western si è ampliata moltissimo e conseguentemente anche il suo utilizzo.
Utilizzo che non prevede solo un ambito sportivo o ludico, ma anche un allargamento in settori che riguardano la Rieducazione Equestre e tutti i disagi o problematiche relazionali, sociali, psicologiche.

Se per tabù si intende una forte proibizione (o interdizione) relativa a una certa area di comportamenti o di utilizzi, bisogna proprio dire che la versatilità e la facilità con cui ci si avvicina all’equitazione western fanno sì che questa possa essere largamente utilizzata nelle finalità di riabilitazione equestre.
Per prima cosa dobbiamo prendere in oggetto l’utilizzo dei cavalli.
I cavalli domati "western" sono sicuramente più facili da condurre (in quanto è possibile l"utilizzo anche di una sola presa di redini, quindi di una sola mano).

In genere sono addestrati con metodiche non coercitive quindi più mansueti e disponibili a qualsiasi tipo di interazione. Non si deve inoltre sottovalutare il fatto che essendo tipicamente mesomorfi (quindi meno alti di quelli generalmente utilizzati nella monta inglese), sono di più facile ascesa sia per i cavalieri sia per eventuali operatori.
Il cavallo di piccola statura consente inoltre un minore sviluppo ansiogeno in chi vi sale per le prime volte.

Certamente ben utilizzato in tutti quegli aspetti ludici e sportivi che interessano l’area socio comportamentale come la stessa equitazione integrata: in tali ambiti di intervento non vediamo perché possa risultare una proibizione tale pratica se rivolta a persone affette da disabilità.
Crediamo che una vera inclusione debba partire innanzitutto dalle menti umane e, se la patologia non comporta significative controindicazioni all’equitazione (ed a quella americana in particolare), qualora una persona (diversabile) abbia il “mito americano” e desideri sentirsi “efficace” e “auto affermarsi”, deve avere il diritto di poter svolgere quanto più gli piace; deve avere altresì il diritto di avere un Tecnico specializzato al suo fianco competente nel tipo di monta adattata alla soggettività ed alle caratteristiche del cavaliere.

I soggetti che si avvicinano a questo tipo di equitazione sono inoltre rassicurati da un seggio che ci consente maggior equilibrio e punti di appoggio.
Psicologicamente molto valido l’aiuto della doma verbale: i cavalli western rispondono benissimo a richieste di fermata e di partenza e questo può aiutare sicuramente chi ne voglia o ne debba far uso. Per contro la sella western potrebbe essere di contrasto quelle patologie avanzate che riguardano problemi motori gravi: l’uso della sella con il pomo e la paletta più alta potrebbero impedire un ottimale salita o discesa di soggetti con gravi deficit agli arti inferiori e limitare lo svolgimento delle azioni degli operatori; la posizione su sella americana non permette inoltre quelle azioni di facilitazione ed inibizione così importanti nell’area della riabilitazione (e questo è un reale limite di questo tipo di monta).

Bisogna però ricordare che sui cavalli western è possibile un utilizzo di selle differenti come già avviene in varie discipline sportive ( es.”english pleasure”) in quanto non è il " SEGGIO" a fare il "MEZZO"; ma il "MEZZO" stesso in questo caso il cavallo che ci consente di ottenere ottimi risultati in qualsiasi situazione di utilizzo equestre (ludico, educativo e sportivo.)

Mulato Alessandra
Operatrice 2° Livello di Equitazione Integrata Equitabile e Istruttrice Superiore di Monta Western

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