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La Storia del Completo – Horse Power XII

Dapprima si chiamava Military ed era vietato alle donne, divenne disciplina olimpica nel 1912 ai Giochi di Stoccolma. Per montare in Completo è necessaria una perfetta preparazione atletica e una buona dose di coraggio. Le tre gare – addestramento, cross-country e salto ostacoli – mettono a dura prova sia il cavallo sia il cavaliere. Un viaggio attraverso la storia di questa disciplina e il racconto di alcuni testimoni d´eccezione

 

Il “Concorso Completo” è sicuramente la specialità olimpica di più spiccata origine militare, dove si richiede una particolare e approfondita preparazione atletica e psichica sia del cavallo sia del cavaliere. Oggi il Completo è molto diffuso in tutto il “mondo equestre” occidentale, con una punta di maggiore popolarità in Inghilterra. Questa disciplina si articola su tre prove: addestramento, cross-countrye salto ostacoli. Tre prove che lo stesso binomio deve eseguire in un solo giorno (one day event) o in tre giorni (three day event). 

L’addestramentoè una prova a giudizio durante la quale si esegue una serie di movimenti alle tre andature all’interno di un rettangolo (20×40 metri o 20×60 metri). Il momento più impegnativo dell’intera gara è sicuramente il crossche si svolge durante la prova di cross-country. Qui il binomio si cimenta nello svolgimento di un percorso su un terreno con dislivelli disseminato di ostacoli naturali e “fissi” (laghetti, macerie, cataste di legna, fossi, banchine, ecc…). Infine la terza e ultima prova, quella di salto ostacoliin cui il binomio, dopo il severo esame delle condizioni fisiche del cavallo, deve superare un percorso di ostacoli “mobili”. Uno specifico criterio di attribuzione dei punti nelle tre prove determina la classifica finale. Il Completo è probabilmente la disciplina che ha subito più cambiamenti nel corso dei decenni. Cerchiamo di scoprire quali.

 

De Coubertin e le prime “avventure olimpiche”

 

Quando il barone Pierre de Coubertin, alla fine del XIX secolo, ebbe l’idea di organizzare dei giochi simili a quelli dell’antica Grecia, anche la disciplina del Completo si affacciò a quest’impresa, anche se ancora in una forma embrionale. A quei tempi tuttavia i Giochi Olimpici erano delle vere e proprie “invenzioni”: non esisteva un regolamento, tranne la preclusione di partecipazione alle donne. Le varie Federazioni decidevano di volta in volta sul da farsi e le competizioni duravano dei mesi, trasformandosi in vere e proprie avventure. Anche l’equitazione, dunque, era collocata in questa grande cornice, dove lo sport inventava se stesso. A volte gli eventi si svolgevano in contemporanea con grandi fiere, quali la World Faira Londra. All’epoca, infatti, le Olimpiadi, oltre alle prove sportive, ospitavano anche prove di cultura: ecco dunque i Giochi di poesia, di letteratura, di balletto. Questa formula durò fino alla Prima Guerra Mondiale. Successivamente però lo show business divenne via via sempre più importante sino a schiacciare un po’ tutto ciò che non apparteneva a questi canoni.

 

Le origini

 

Inizialmente chiamato Military, divenne ufficialmente disciplina olimpica nel 1912, in occasione delle Olimpiadi di Stoccolma. Le prime prove, a quei tempi, non si svolgevano in aperta campagna, bensì in luoghi ridotti con ostacoli naturali (fossi, staccionate, tronchi, triplici, muri, ecc.). Si trattava di una prova ibrida fra il salto ostacoli e la prova di campagna, probabilmente simile all’attuale derby.

Il nome originale è una chiara indicazione dello scopo iniziale: formare cavalli per la cavalleria, resistenti, volenterosi e capaci di superare ogni genere di ostacoli; l’obiettivo dei militari di cavalleria era, infatti, quello di combattere con coraggio dimostrando le loro capacità a cavallo. Inizialmente la preparazione dei cavalli degli ufficiali, dei sottoufficiali e dei soldati contemplava delle prove a dir poco “massacranti”. Essi dovevano dimostrare di essere degni di andare in guerra, pronti a qualsiasi tipo di prova o addirittura sacrificio. In Italia queste prove si chiamavano “Campionato del cavallo militare”. Dopo aver compiuto una marcia veloce di 50 Km circa senza fermarsi, si doveva affrontare un percorso molto impegnativo di crosslungo alcuni chilometri seminato di ostacoli naturali fissi. Ad esempio, fuori Milano, partendo da un certo luogo in Brughiera si sarebbe arrivati in un ippodromo come Monza o Mirafiori.

Più tardi si aggiunse una prova di salto ostacoli per dimostrare che il cavallo era ancora in salute, capace di riprendere e continuare lo sforzo richiesto dalla continuazione del servizio in guerra. E questo nonostante le dure prove precedenti. Tuttavia le origini di questo sport affondano ancora prima del secolo scorso. Già nell’Ottocento infatti, si disputavano i raid: drappelli di reggimenti a cavallo che per dimostrare le loro capacità affrontavano delle lunghissime marce per sei o sette giorni, percorrendo distanze lunghe 1000 km e oltre, coprendo fino a 120-130 km al giorno. Esistono ancora cronache di queste imprese della Cavalleria russa, tedesca e inglese.

Con l’andare degli anni, queste prove estreme furono “rimpolpate” con l’aggiunta della prova di addestramento, in Italia chiamata allora maneggevolezza. Ritornando al “Campionato del cavallo militare”, che ne frattempo aveva preso la denominazione di “Campionato del Cavallo d’Armi”, la disciplina comprendeva cinque prove: maneggevolezza, trasferimento(marcia o fondo), steeple chase(corsa a ostacoli), crosse, infine, salto ostacoli. La vittoria di questo campionato era un titolo prestigioso per l’ufficiale che riusciva a conquistarlo. Avrebbe dimostrato così la capacità di preparare il suo destriero ad altissimi livelli.

 

L’evoluzione

 

Questa disciplina militare divenne Concorso Completo dagli anni Venti del XX secolo. Le donne furono ammesse solo ai Giochi del 1956 a Stoccolma, insieme ai Sottufficiali. Con questa conquista anche il fermo proposito di de Coubertin — considerare il sesso femminile come inadatto a questo tipo di prove — fu definitivamente accantonato. Tornando alla disciplina, quest'ultima adesso consisteva nelle seguenti prove: dressageo addestramento, campagna— divisa in cinque fasi — e salto ostacoli. Le fasi di campagna, dopo la Seconda Guerra Mondiale, consistevano in una prima marcia di circa 6 Km, uno steeple chasedi 3.600-4.000 metri, una seconda marcia ancor più lunga (circa 14 km) e un crossdi 7.000-8.000 metri. Quest’ultimo prevedeva 30-35 ostacoli fissi, di differente natura, in salita e in discesa, sempre e comunque difficili, a volte pericolosi e da affrontare a velocità sostenuta e una fase finale di circa 2.000 metri da percorrere ad una velocità moderata per far riprendere fiato al cavallo. Solo alcuni anni più tardi, prima del cross, furono concessi dieci minuti di sosta per verificare le condizioni fisiche del cavallo. Il giorno seguente, dopo una seconda visita veterinaria, aveva luogo il percorso di salto ostacoli.

 

Il Completo oggi

 

Durante le edizioni olimpiche del 1992 e del 1996, con la motivazione dell’horse welfare (sensibilizzazione nei riguardi del benessere e della salute del cavallo), furono eliminati dalla prova di campagna lo steeple chasee le due marce. In verità le cause erano di diversa natura: l’organizzazione del Concorso Completo era molto costosa e contrastava con gli interessi economici dei comitati organizzatori. L’eliminazione delle due marce era, inoltre, unicamente a favore degli affari dei cavalieri professionisti che, non dovendo sforzare i cavalli nelle marce e nello steeple chasee non dovendo occupare  troppo tempo per prepararli a tali fatiche, preferirono puntare su un’unica prova, il cross. Così riuscivano a preparare e montare più cavalli in minor tempo, procurandosi di conseguenza più ingaggi e più vendite. Purtroppo per i puri appassionati dell’equitazione questa rinuncia fu una grande delusione. Tuttavia, se così non fosse stato, probabilmente le Olimpiadi di Completo avrebbero rischiato la cancellazione. Tutto ciò cambiò molto le regole anche nella scelta dei cavalli da utilizzare per questa disciplina. Mentre prima i cavalli prediletti erano i purosangue, ossia cavalli molto insanguati, resistenti e veloci, con la nuova formula anche i parametri per la scelta della razza subirono un cambiamento e vennero privilegiate quelle più potenti e meno insanguate: mezzosangue olandesi, tedeschi, irlandesi o belga.

 

'Il mio completo' – Colonnello Paolo Angioni

 

Il titolo è illegittimo, perché il completo di cui racconto non è mio, ma di tutte le generazioni che dal 1912 fino al 2004, Olimpiadi di Atene, per quasi cent'anni, hanno preso parte a questa competizione equestre. Il titolo vuole riassumere il più brevemente possibile il pensiero personalissimo di un cavaliere della vecchia guardia rispetto a una competizione che abusivamente si chiama ancora Concorso Completo. Mio, perché non voglio coinvolgere i miei compagni di squadra alle Olimpiadi di Tokyo del 1964 e di Città del Messico del 1968, Alessandro Argenton, Mauro Checcoli, Giuseppe Ravano che al proposito potranno avere pensieri diversi. E tanto meno le centinaia o migliaia di cavalieri che mi hanno preceduto e seguito.

Il concorso completo era la prova di fondo. La prova di addestramento era il prologo, la prova di salto il finale. Ma il corpo centrale dell'opera, quello più significativo, quello che connotava un completo rispetto a un altro, era la prova di fondo. Non si ricorda un Completo per la prova di addestramento e per quella di salto, ma soltanto per la prova di fondo. Ne riassumo brevemente la composizione, in essere dalle Olimpiadi di Berlino del 1936 fino al 2004, per chi non la ricordasse. Prendo a esempio la prova di fondo del Concorso Completo delle Olimpiadi di Roma del 1960. Cinque fasi ininterrotte. Fase A: marcia di 7.440 metri da percorrere alla velocità minima di 240 metri al minuto; fase B: steeple chase di 3.600 metri, da percorre alla velocità minima di 690 m/m, con 10 ostacoli; fase C: marcia di 13.440 metri da percorrere alla velocità minima di 240 m/m;  intervallo di 10 minuti per il controllo veterinario; fase D: cross-country di 8.100 metri da percorrere alla velocità minima di 570 m/m con 34 ostacoli; fase E: 1.980 metri da percorrere alla velocità minima di 350 m/m, galoppo lento per defatigare il cavallo e non spegnare immediatamente il motore, fatto nocivo.

In totale si erano percorsi 34.560 metri nel tempo di due ore per i più lenti. La prova di fondo del Completo delle Olimpiadi di Stoccolma del 1956 era lunga 34.850 metri, quella di Città del Messico (Avandaro) del 1968 34.000 metri circa. La velocità del trotto a 240 m/m (noi trottavamo a 250 m/m per fare un chilometro in quattro minuti non avendo ancora le patacche d'orologi che usano oggi) era faticosa per cavalli non preparati al meglio. È più conveniente un galoppo lento a 300 m/m. Affatica meno di un trotto a 240 m/m. Si guadagna sul tempo, passeggiando prima dello steeple e allungando il tempo di riposo tra la seconda marcia e la partenza per il cross. Se tutto fosse ancora come una volta. Invece tutto questo non conta più. La prova di fondo così costituita rappresentava una difficoltà per il preparatore e per il cavaliere. Richiedeva, nel preparatore, competenze che andavano al di là del semplice far galoppare su distanze crescenti o per un tempo crescente il cavallo per dargli fiato, forza, resistenza e velocità. Si è iniziato l'allenamento a orecchio e a occhio. Poi, man mano che le ricerche della medicina sportiva e della veterinaria sportiva facevano progressi e diventavano sempre più scientifiche, le competenze del preparatore diventavano maggiori perché applicate a una “macchina animale” complessa quanto quella dell'uomo e dotata di sistema nervoso. Ma che, diversamente dall'uomo, priva di coscienza, non si autoregolava. Macchina senza strumenti indicativi come quelli di un'automobile: temperatura dell'acqua, livello dell'olio, tachimetro, misuratore dei giri del motore, misuratore della quantità di benzina… Questi strumenti bisognava averli in sé, preparatore o cavaliere, con il rischio, in assenza, di sfinire il cavallo e terminare anzitempo la prova. La preparazione di un cavallo a questo tipo di prova richiedeva grande competenza nel preparatore. Richiedeva grande sensibilità nel cavaliere per dosare il consumo di energia e arrivare alla prova più impegnativa, il cross, dopo aver percorso velocemente circa 25 chilometri, con il cavallo nelle migliori condizioni.

A pag. 85 della Encyclopédie du cheval di Louis-Noël Marcenac e Henri Aublet,  Maloine Editore, c'è uno specchietto redatto dal professor Bobilev, che riporta gli indici clinici (cuore e respirazione) dei cavalli che hanno partecipato al concorso completo delle Olimpiadi di Tokyo. I quattro cavalli con i migliori indici sono stati i nostri: Surbean, King, Royal Love, Scottie. Infatti hanno vinto la medaglia d'oro grazie alla prova di fondo.

Ora tutto questo non esiste più. Il completo prova di fondo è un cross, non più lungo di quello di allora, con ostacoli non più alti e difficili, con una velocità massima non superiore a quella di un tempo. Una specie di derby di salto ostacoli, più lungo e più facile. È giusto che conservi lo stesso nome? Non sarebbe più giusto chiamarlo “prova combinata”?

Colonnello Paolo Angioni

 

'L’Oro di Tokyo' – Mauro Checcoli

 

Dopo tanti anni la vittoria di Tokyo, così inaspettata, così strepitosa e così incontrastata, nei confronti delle più grandi squadre del mondo, con cavalieri che in pochi anni sarebbero diventati a loro volta Campioni Olimpici, Mondiali ed Europei, appare ancora un regalo miracoloso che un grande uomo di cavalli, Fabio Mangilli, riuscì a fare all’Italia. Surbean, un cavallo di forte personalità, preparato perfettamente, trovò in me un giovane cavaliere entusiasta, atletico e determinato: non sbagliammo nulla nei tre lunghi giorni di gara e superammo facilmente ogni ostacolo, fisico e morale. Albino Garbari, caposcuderia e Girolamo Menichetti mitico “vet” vigilavano a fianco di Mangilli, considerandomi come un bravo “fantino”, un buon esecutore, disciplinato e serio: era vero, in fondo: venne tutto così facile!

Perché io capissi quanto fosse in realtà difficile quello che era successo e acquisissi coscienza della quantità di lavoro, riflessioni e sperimentazioni che un’Olimpiade richiede, occorsero anni di tentativi privi di successo, a Messico nel ‘68, a Monaco nel ‘72. Tuttavia la somma di tutte quelle esperienze, stupende e tristi, entusiasmanti e deprimenti, mi ha portato a Los Angeles ’84, Olimpiade vissuta con piena coscienza e partecipazione, insieme con giovani compagni di squadra sempre diretti da Mangilli e con Albino al fianco. Quindi, come vedete, Tokyo è stato solo l’inizio di una lunga esperienza sportiva, tecnica e culturale, nel nome di Caprilli e dell’equitazione italiana.

Una parabola di venti anni in cui il Sistema naturale è sempre apparso vincente: come oggi e come sempre.

 

 

 

 

Perché Horse Power?
Il Cavallo ha accompagnato l’Uomo nella sua crescita fisica e culturale. Per secoli è stato al suo fianco nelle conquiste geografiche e politiche. L’arte, la storia, la letteratura e le tradizioni raccontano di questo viaggio e trasmettono testimonianze, colori, volti, parole, sentimenti e ragioni che, insieme, sono la nostra essenza. Con Horse Power vogliamo rivivere tutto questo. Vogliamo provare emozioni e stimolare il desiderio di conoscenza che c’è in ognuno di noi. Vogliamo vivere il presente provando a respirare le atmosfere del passato. Senza mai dimenticare chi insieme a noi ha attraversato il tempo e i luoghi delle nostre vite, il cavallo.



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Maria Pia Mirabella
Horse Power


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